Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/141

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TERZO 065 Coti fide, o delle Guerre de’ Goti, V Antadeide, il Ruggiero, son tutti di lungo lavoro, oltre molti altri poemetti di minor molte; e in tutti si riconosce il Chiabrera, cioè un poeta versatissimo nella mitologia e nella erudizion greca e latina, maestoso, fecondo, eloquente. Ciò non ostante i poemi del Chiabrera non hanno avuta la sorte di essere annoverati tra’ più perfetti che abbia V italiana poesia; e forse lo stesso sarebbe avvenuto al gran Pindaro, s’ei si fosse accinto a scriver poemi epici. Gl’ingegni fervidi e arditi sembran meno opportuni a quei generi di poesia che richieggono regolare condotta e fatica di lungo tempo. Noi abbiamo altrove accennata la bella e giudiziosa critica che dell’Amadeide fece il celebre Onorato d’Urfè, e in cui ebbe parte anche il duca di Savoia Carlo Emanuello I, in cui si rilevano, e, per quanto a me ne è sembrato , assai giustamente, parecchi difetti di quel poema, nel quale Per altro confessa il censore che ben si vede l’ingegno e lo studio del valoroso poeta. Lo stesso dee dirsi dei Drammi per musica e delle Favole boscherecce e dell’Erminia tragedia, tutte opere non indegne del loro autore, ma per le quali egli non avea dalla natura sortita quella felice disposizione che avea per la lirica poesia. Non son molti anni che ne sono state pubblicate le Lettere familiari!, scritte con quella naturale eleganza che ne è il maggior pregio. E nella nuova promessa edizione da noi poc anzi accennata molte altre opere finora inedite ci si fanno sperare di questo sì illustre scrittore.