Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/156

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68o Linno ingegno giunto a ragguardevoli dignità in Roma. Ma un’intollerabil superbia che gli faceva rimirar con disprezzo quanti erano stati innanzi a lui valorosi poeti, senza far grazia nè a Virgilio , nè ad Orazio, nè al Petrarca, e per cui gonfio degli applausi che gli veniano fatti, giunse a sdegnarsi di rendere il saluto a che gli pareva non degno di esser da lui rimirato, come gli fece poi perder la grazia di Urbano VIII, e il costrinse ad uscire di Roma, e ad appagarsi del governo di Jesi, ove morì nel 1643, così gli fece talmente gonfiar lo stile, che non v’ebbe mai simbolo che più al vivo esprimesse la rana emulatrice del bue. Di lui parlano più a lungo il suddetto Eritreo (ib), pars 3, n. 19) e il Cardinal Bentivoglio (Mem, l.1, c. 7) (a). Miglior uso del suo ingegno fece Alessandro Adimari fiorentino, morto in età di settanta anni nel 1649; perciocchè, comunque egli ancora nelle molte sue opere, che si annoverano dal co. Mazzucchelli (Scritt. ital. t 1, par. 1, p. 139, ec.), seguisse l’esempio della maggior parte degli altri poeti, nella traduzion di Pindaro nondimeno usò di uno stile molto migliore, e se non potè adeguare perfettamente l’energia e la forza di quel gran poeta, l’espresse nondimeno con lodevole felicità, e ne illustrò (a) Altre più minute notizie intorno n monsignor Ciampoli, a cui lode non dee tacersi che fu in Koma uno de’ difensori del Galileo, si posson vedere nell’opera altre \olte citata dpi dottor Giovanni Targioni Tozzetti (Aggrandìmenti, ec. t. 1, p. 81, ec. j t. 1, par. 1, p. 102).