Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/208

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^32 LIBRO riflessioni che in esso contengonsi, è forse più pregevole della tragedia; ma invano egli in esso si è affaticato a provare che le tragedie vogliono essere scritte, com’egli avea fatto, in versi rimati. L’altro è il Cardinal Giovanni Delfino} che dopo aver sostenuti onorevoli impieghi nella Repubblica, nominato nel i(ì56 da Girolamo Gradenigo suo coadiutore nel patriarcato di Aquileia, gli succedette tra poco , da Alessandro VII nel 1667 fu sollevato all’onor della porpora, e passò a miglior vita nel 1699. Quattro tragedie egli scrisse, la Cleopatra, la Lucrezia, il Medoro e il Creso , le quali, benchè non sieno del tutto esenti da’ difetti del secolo, per la nobiltà dello stile nondimeno e per la condotta possono andar del pari colle migliori dell’età precedente. Ma egli non volle mai che si pubblicassero. La Cleopatra fu la prima volta stampata nel Teatro italiano (t. 3). Quindi tutte quattro vennero a luce, ma assai guaste e malconcie, in Utrecht nel 1730, finchè una assai più corretta e magnifica edizione se ne fece dal Comino in Padova nel 1 j33 insieme con un Discorso apologetico del Cardinal medesimo in difesa delle sue Tragedie. Sei Dialoghi in versi di questo dottissimo cardinale sono poi stati stampati (Miscell, di varie Op., Ven. 1740) t. 1), ne’ quali ei si mostra molto versato nella moderna filosofia di que’ tempi, senza però abbandonare del tutto i pregiudizii dell’antica. Ma il loro stile non è sì nobile e sostenuto come nelle tragedie. L’Aristodemo del co. Carlo de’ Dottori padovano, stampato nel 1657, sarebbe una delle più illustri tragedie