Pagina:Tiraboschi - Storia della letteratura italiana, Tomo VIII, parte 2, Classici italiani, 1824, XV.djvu/427

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f>5i mi faccia una tale obbiezione, i miei scarsi lumi non mi somministrano una giusta risposta. E prego perciò V. P. reverendissima, che tanto è verso di me pietosa e cortese, a volermi in* dicare come possa io confondere chiunque osi di contraddire. Di tali obbiezioni io non temo riguardo alla seconda ed ultima nota che vedesi alla pag. 431 di questo tomo medesimo. Non piace a V. P. reverendissima, ch’io parlando del P. Savonarola (e spero ch’ella avrà gradita la moderazione con cui ne ho ragionato) , e rammentando la pruova del fuoco, che pel fanatismo a favore e contro di lui eccitato fu più volte, ma sempre inutilmente, proposta, l’abbia appellata antica e. barbara superstizione; e mi ricorda parecchi fatti ne’ quali cotali pruove furono con celesti prodigii approvate. Io dunque in una nuova edizione della mia Storia , a quelle parole da me incautamente usate, sostituirò queste nllre: V antica c lodevole costumanza della pruova del fuoco. E chi sarà che ardisca di riprovarle? Il tomo settimo della mia Storia, come abbraccia un più ampio campo, qual fu per l’italiana letteratura il secolo xvi, così più frequente occasione somministra a V. P. reverendissima a far pompa della sua vastissima erudizione. E la prima nota a pag. 3 è diretta a giustificare Giulio II, di cui temerariamente io ho detto che diede a vedere un animo più guerriero che non si potesse aspettare dal Vicario di Cristo. A questa mia empia proposizione ella ingegnosamente oppone l’autorità del Ciaconio, che loda Giulio II appunto perchè pontefice bellicoso. Ed