Pagina:Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo, Verona, 1815.djvu/120

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108 libro ii.

to più pene, e più gravi tollerar possa per lui: Or non è ciò virtù d’uomo, anzi grazia di Cristo; la quale tanto può e opera nella fragile carne, che quelle cose ch’ella naturalmente schiva ed abborre, a queste per lo fervor dello spirito si metta, ed abbiale care.

9. Non è secondo l’uomo portar la croce, ed amarla, castigar il suo corpo, e costringerlo in servitù, fuggir dagli onori, sostener di buon grado gli scherni, disprezzar se medesimo, e bramar d’essere disprezzato, qualsivoglia avversità e danno patire, e nessuna prosperità in questo mondo desiderare. Se tu guardi a te, niente di tali cose potrai da te; ma se nel Signore ti fidi, dal cielo ti verrà data fortezza, e alla tua signoria saran soggettati il mondo e la carne. Anzi nè l’inimico demonio paventerai, se tu stia guernito di fede, e della croce di Cristo marcato.

10. T’acconcia dunque, siccome buono e fedel servo di Cristo, di portar coraggiosamente la croce del tuo Signore per amor crocifisso per te. apparecchiati a tollerare molte contrarietà, e vari travagli in questa