Pagina:Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo, Verona, 1815.djvu/173

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capo xix. 161

picciole, o grandi, ingegnati di soffrir tutto pazientemente.

2. Quanto meglio tu t’acconci a patire, tanto adoperi più saggiamente, e n’avrai maggior merito: in oltre tu ne sentirai minor pena, essendoti col forte animo e coll’esercizio a ciò apparecchiato. Nè voler dire: Io non posso soffrir ciò da cotale: nè queste son cose da doverle io tollerare: inmperciocchè egli mi fece di gravi danni, e mi rinfaccia cose, ch’io non ho pure pensato mai: ma nondimeno da qualche altro soffrirei ciò volentieri, a quel modo per altro ch’io giudicassi doverlo fare. Cotesta tua è una matta immaginazione, che non guarda al pregio della pazienza, nè da cui debba essere coronata; ma alle persone piuttosto, ed alle ingiurie a sè fatte pon mente.

3. Vero paziente non è colui, il quale non vuol patire, se non se quanto gli pare, e da chi più gli piace. Laddove il vero paziente non bada da chi, se dal suo Prelato, o da alcuno suo pari, o minore; se da persona dabbene e santa, o da rea ed indegna egli sia travagliato: ma indifferentemente da qualunque creatu-

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