Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/106

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— Questa donna che voi disprezzate, io la metto al di sopra d'ogni cosa più bella e cara; e vado superbo di possederla; ed è la gloria e l'amore della mia vita.

Suo marito era sempre assente. Scriveva ogni giorno, ma non tornava mai. Ed io, nella lealtà del mio cuore, desideravo onestamente che venisse, lo invocavo contro la passione che sentivo montare come una marea su su nel mio cuore.

E lui da Genova mi scriveva continuamente per le trattative della mia opera, e mi ripeteva sempre:

— Va a Regoledo; fa compagnia a mia moglie; bada che stia di buon animo e si diverta.

Ed io andavo, ripetendo a me stesso che la fiducia leale di quell'uomo doveva essermi una salvaguardia. Andavo a Regoledo; avevo una camera all'albergo per la notte.

Alle volte passavo tutta una giornata fuori, senza dire una parola d'affetto all'Eva. Pensavo a suo marito che m'aveva fatto del bene e che l'affidava a me. Era un deposito sacro. Mi pareva che mi sarei bruciata una mano come Scevola, prima di fare un atto che offendesse quella fiducia d'amico.

Ma facevo una grande violenza a me stesso; e l'immensità del sacrificio misurava l'immensità dell'amore.

Sì. Eva m'aveva rimproverato d'essere serio come un vecchio; ed io mi mostravo più serio, più vecchio, più pedante, per poter dire alla mia coscienza che non facevo nulla per innamorarla di me.

Ma intanto io m'innamoravo di lei. Quanto piú la contendevo alle mie brame, tanto più la desideravo coll'ardore delle cose proibite.