Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/139

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di poter ricorrere a me; s'era ucciso mentre avevo ancora un patrimonio che forse avrebbe potuto salvarlo; e non avevo famiglia e non avevo doveri che m'impedissero di sacrificarlo a lui. Aveva diffidato della mia amicizia. E lo sapeva pure che l'amavo con cuore d'amico! I fratelli possono non amarsi, se i loro caratteri non s'accordano; è un freddo dovere che li lega per la casualità della nascita. Ma l'amicizia è spontanea, e nel mio cuore l'amicizia aveva preso il posto dell'affetto doveroso di fratello. Avrei dato anche la vita per salvare il mio povero Marco, e mi vedevo là impotente, col mio denaro, dinanzi a quella grande rovina.

Rimasi a lungo prostrato, col volto nascosto fra le coperte, inabissato in quel dolore immenso che mi aveva sorpreso. Forse ci sarei rimasto tutto il giorno, se non mi avessero chiamato nell'altra stanza per non so che formalità legale a cui non posi attenzione.

Mentre cercavo di rientrare nella camera mortuaria, sentii che qualcuno mi tratteneva. Mi voltai e mi vidi davanti il volto pallido e serio di Leo. Malgrado la lontananza, la mia amicizia era sempre la stessa per lui. La sua presenza mi parve il solo conforto possibile al mio grande dolore, e stesi le braccia, piangendo, alla cara figura amica.

Ma Leo non rispose al mio invito. Rimase freddo e severo, ed accennando traverso l'uscio quella povera salma d'un fallito sopra un letto regale, disse:

— Gli avevo affidato il mio piccolo avere, la modesta eredità di mio padre, il frutto d'una vita di lavoro con cui avevo sperato d'assicurare la mia indipendenza.