Pagina:Torriani - Prima morire.djvu/234

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re una voce severa, per dire al mondo che ho cercato d'illudere: "Costui è un traditore!" Una sera ero entrato per abitudine al caffè, e m'ero rincantucciato nel vano d'una vetrata chiusa. Avevo letto un giornale in cui si presagiva che sarei glorioso e grande. Poi s'era fatto buio, ed ero rimasto là meditabondo, aspettando che accendessero il gas. Pensavo la gloria, la grandezza nell'arte, e domandavo a me stesso come le raggiungerei. Non sapevo più nulla. Il mio cervello era vuoto, e non sentivo il desiderio di far altro. Ero esaurito.

Dietro a me, nel vano d'un'altra vetrata chiusa, udivo senza comprenderlo, un lungo discorso di titoli, d'azioni, di utili, di dividendi. Era come il ronzare di una vespa, continuo ed incomprensibile. Ad un tratto una voce scoraggiata rispose:

— No, caro. Non faccio più speculazioni Mi sono ritirato dagli affari.

— Ma questo è un negozio d'oro.

— Non importa. Non m'interessa più, tornò a dire la stessa voce con tono infastidito.

Era la voce del Malvezzi. Come io non sentivo più la musica, lui non si interessava più degli affari. L'avevo distrutto, come avevo distrutto me stesso.

Mi alzai ed uscii in fretta, prima che illuminassero la sala. Non volevo trovarmi in faccia a lui. Però non avevo voltato il capo; ma udii il movimento violento d'uno che balza in piedi; poi lo sentii ricadere pesantemente sul sedile.

Stetti parecchi giorni senza uscire dalla mia stanza.

Un giorno l'impresario della Scala mi scrisse che aveva bisogno di parlarmi, e mi diede appuntamento per la sera, nel suo palco al teatro Dal Verme.