Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/47

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d’ogni timore. E tu, simili beni
da me riscossi, o il piú tristo degli uomini,
tradita m’hai, contratte hai nuove nozze,
pur figli avendo: ché, se privo tu
ne fossi stato, meritava scusa
desio di nuovo letto. Ora la fede
dei giuramenti è spersa; e non intendo
se tu creda che adesso piú non regnino
gli Dei d’allora, e che sancite siano
nuove leggi per gli uomini: ché tu
sei verso me spergiuro; e ben lo sai.
Ahi, destra mia, che tu spesso stringevi,
ginocchia mie, quanto fu van che un tristo
pur v’abbracciasse, o mia delusa speme!
Ma via, con te, quasi mi fossi amico,
favellerò — sebben, quale vantaggio
posso attender da te? pure, piú turpe
ti scopriran le mie dimande — : dove
rivolgermi potrò? Forse alla casa
del padre, che tradito ho, per seguirti
alla tua patria? O forse alle Pelíadi
misere? Oh, liete quelle accoglierebbero
chi le privò del padre! A questo io sono:
dei cari miei, della mia casa, fatta
nemica io sono; e quelli a cui far male
io non dovea, per compiacerti, infesti
contro me resi. E fortunata, in cambio
di tanto, tu m’hai resa adesso, agli occhi
di molte Ellène. Uno sposo ammirevole
ho in te, meschina, e degno ch’io lo veneri,
se dalla terra andar dovrò fuggiasca,
sola coi figli miei, priva d’amici!
Bel vanto, proprio, pel novello sposo,