Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) II.djvu/48

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MEDEA 45

ch’errin pitocchi i suoi figliuoli, ed io
che ti salvai! Deh, perché, Giove, un segno
certo agli uomini desti per distinguere
l’oro, quale sia falso, e niun sigillo
impresso invece è su le membra umane,
per chi debba un malvagio pur distinguere?

coro

È pur furia tremenda ed implacabile,
quando amici ed amici insiem contrastano.

giasone

D’uopo è, sembra, che al dir fiacco io non sia,
ma, come scaltro guidator di nave,
gli estremi lembi delle vele schiusi
lasci soltanto, per salvarmi, o donna,
della tua ciancia dal doglioso morbo.
Or, poi che troppo i tuoi favori estolli,
Cípride sola io reputo, fra gli uomini
e fra i Numi, che sia la salvatrice
della naval mia gesta. Addurre prove
che solo Amor, coi dardi inevitabili
suoi ti astrinse a salvar la mia persona,
sottil sarebbe, ma odïoso; ed io
troppo non vo’ su questo punto insistere.
Che mi salvassi, qual ne sia la causa,
male non fu; ma dalla mia salvezza
piú ricevesti che non desti; e adesso
te lo dimostrerò. Primo, ne l’Ellade
abiti adesso, e non in terra barbara;
e sai giustizia, e l’uso delle leggi,