Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/121

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la massima scaltrezza, i tuoi nemici
danneggiare, e salvar la tua persona,
senza dipender da Fortuna. Tali
son gli argomenti che a pensar m’inducono
il contrario da te su tal soggetto.
Questi fanciulli poi tu brami uccidere.
Ma che t’han fatto? In questo punto solo
mi sembri accorto, che dei forti i figli
temi, tu che sei vil. Ma iniquo è certo,
se noi morremo per la tua viltà,
quando per nostra man, ché siam piú prodi,
tu dovresti cader, se giusto fosse
per noi di Giove il cuore. Or, poiché reggere
lo scettro vuoi di questa terra, lascia
che noi fuggiaschi ne partiamo, e aborri
da vïolenza, se non vuoi tu stesso
vïolenza patir, quel dí che avversa
spiri contro di te l’aura del Nume.
Ahi, ahi! Terra di Cadmo, adesso, volgere
debbo anche a te la tua parte d’ingiurie:
questo soccorso ad Ercole tu porgi,
ed ai suoi figli? Contro i Minî tutti
venuto a pugna, ei fece sí che libero
alto levar poteste il capo. E lode
all’Ellade non dò, né so tacere
quando la trovo tanto ingrata verso
il figliuol mio, mentre dovrebbe accorrere,
e fuoco e lancie a questi suoi rampolli
recare, ed armi, a compensare, o figlio
le tue fatiche, onde purgasti il mare
e la terra dai mostri. E invece, o figli,
né Tebe a noi soccorso dà, né l’Ellade;
e a me gli occhi volgete, amico debole