Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/21

Da Wikisource.
18 EURIPIDE

a conquistar per Poliníce, l’esule
genero suo, l’eredità d’Edípo.
Le salme loro, che trafitte caddero,
ora le madri seppellir vorrebbero;
ma fan contrasto i vincitori, spregiano
ogni legge divina, e proibiscono
che si levino i corpi. Insiem con esse,
di commuovermi Adrasto assunse il cómpito;
e giace lí, molli di pianto ha gli occhi,
e per la guerra geme, e per l’impresa
ch’ei dalla patria addusse, infelicissima.
Ed or mi spinge, ch’io mio figlio induca
a seppellirli, vuoi con argomenti,
vuoi per virtú di ferro; e affida il cómpito
solo a mio figlio e alla città d’Atene.
Or qui mi trovo, ché di casa io giungo,
sacrifici a offerir per la sementa,
presso questo recinto, ove la spiga
prima spuntò1, fitta ondeggiò nei campi.
Da quelle rame or senza lacci stretta,
presso io qui resto all’are venerabili
delle due Dee, di Cora e di Demètra,
per la pietà di queste bianche madri
prive dei loro figli, e per rispetto
di quelle sacre bende. Ed ho spedito
un araldo in città, perché qui faccia
venir Tesèo, che questa schiera triste
dalla terra bandisca, o, qualche impresa
compiendo ai Numi accetta, questo debito
delle supplici accolga: in tutto agli uomini
le donne sagge devono rimettersi.