Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) III.djvu/210

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IPPOLITO 207

che per tre volte a vuoto non cadessero
le sue preghiere. E Fedra, ancor che grande
sia la sua fama, pur morrà: ché tanto
non m’importa il suo mal, ch’io, per tenerlo
lungi da lei, conceda ai miei nemici
la giusta pena non pagarmi, ond’io
sia soddisfatta. Ma già vedo Ippòlito
giungere, il figlio di Tesèo, che toma
dalle fatiche della caccia. E lungi
da questi luoghi andrò: gran turba muove
con lui di servi, e ad alte grida Artèmide
con gl’inni esalta. Egli non sa che schiuse
già son per lui le porte dell’Averno,
e che questa è per lui l’ultima luce.

Cípride sparisce.