Pagina:Tragedie di Euripide (Romagnoli) VI.djvu/31

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28 EURIPIDE

né l’altare né il tempio; e tu morrai.
E se pure alcun Dio, se alcun degli uomini
vorrà salvarti, invece dei superbi
pensieri d’una volta, umile e trepida
dovrai cadere invece ai miei ginocchi,
e la casa nettar, dai vasi d’oro
l’acqua dell’Achelòo spruzzando al suolo,
riconoscendo in qual terra tu vivi.
Non Priamo qui, non le ricchezze sue,
non Ettore: città questa è d’Ellèni.
Ed a tal punto di stoltezza, povera
te, giunta sei, che presso al figlio ardisci
giacer d’un uomo che il tuo sposo uccise,
e figli procrear dall’assassino.
Tutta a tal guisa è la genía dei barbari:
si accoppia il padre con la figlia, e il figlio
con la madre, e il fratello e la sorella
e i parenti piú prossimi si uccidono
l’uno con l’altro, e non v’ha legge alcuna
che li trattenga. Presso noi tali usi
non introdurre! Ché bello non è
che di due donne un uom regga le briglie;
ma pago resta ad una sola Cípride
legittima, chi vuole in pace vivere.

coro

Gelosa molto delle donne è l’indole,
e compagne del talamo non tollera.

andromaca

Ahimè ahimè!
Maligni sono i giovani, e tra i giovani