Pagina:Tragedie di Sofocle (Romagnoli) II.djvu/26

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238-270 EDIPO RE 23


Quell’uom, qualunque ei sia, pongo divieto
che alcun di questa terra onde ho l’impero
240ed il trono, lo accolga o gli favelli,
o delle preci e delle offerte ai Numi
partecipe lo renda, o gli ministri
l’acqua lustrale; e lungi d’ogni tetto
lo respingano: ch’egli è la sozzura
245nostra, come l’oracolo del Nume
di Pito or ora ha disvelato a me.
Tale alleato al dèmone ed all’uomo
assassinato io sono. E impreco a quegli
che il misfatto compie’, sia solo, sia
250con altri molti, che la trista vita
senza fortuna tristamente triboli.
Impreco a me, se nella casa mia
egli vivesse, ed io conscio, che quanto
sopra gli altri imprecai piombi su me.
255Questo a voi tutti che facciate impongo,
per me stesso, pel Dio, per questa terra
senza piú frutti, senza Iddii perduta.
Ché se pure sospinti a questa caccia
non ci avesse un Celeste, inespiato
260lasciar non dovevate un tale scempio
d’un eroe, d’un sovrano ottimo amico,
bensí chiarirlo. Ed or, poi che le redini
ch’ei già reggeva, io reggo, ed il suo letto
posseggo, e la sua donna; e i figli miei
265comuni avrei coi figli suoi, concetti
da un medesimo grembo, ove il suo talamo
fosse stato fecondo — ma su lui
balzò la mala sorte: — ora per lui
come pel padre mio combatterò,
270ogni via correrò, tentando cogliere