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Pagina:Trattati d'amore del Cinquecento, 1912 – BEIC 1945064.djvu/64

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58 trattati d'amore del cinquecento


in tutte le scienze ed azzioni del mondo universale? Taccio le onorate qualitá del nobilissimo messer Rinaldo Ghinucci, il quale non minor gloria riporta in seguitar Febo, dell’onore ch’egli have essercitandosi con Marte. Perché, se molto non mi estendo in dirvi le rare condizioni di tanti elevati e sublimi ingegni, il signor Domenichi, che in buona parte ha praticato molti di loro, vi dica per me quali si siano».

Baffa. So che glielo direte, se voi sete a Vinegia ed egli a Piacenza.

Domenichi. «Perché aspetto che con gli occhi del corpo v’abbiate a render certo di piú, che nella mente vostra per mie parole dovete imaginarvi, e vi deve con l’animo parer di vedere e contemplare. E, per non ispender piú parole, avendo fatto oltra il dovere lunga diceria, farò fine; aspettandovi, con infinito desiderio, lutto di diverso parere di quello che per l’ultima vostra m’avete mostrato, dico di lasciar provare la corte ad altri. E, per mio consiglio, seguirete i pochi e non la volgar gente; dandovi tutto agli studi, non per vendere poi la vostra scienza a minuto, come molti fanno, ma per sapere la ragione delle cose e la cagione d’esse».

Raverta. M’avrei maravigliato che si potesse fare una lettera o un sonetto senza rubare il Boccaccio e ’l Petrarca.

Baffa. Se non gridano, il danno sia loro.

Domenichi. Lasciatemi finire. — «Chè queste son le fatiche per le quali si giunge a quei gradi, alla sublimitá dei quali i bassi e volgari intelletti non ponno pervenire. Ma sovratutto, perché so il vostro viaggio avere ad essere da Bologna, quando voi sarete giunto in Modana, madre de’ virtuosi cosí in lettere come in armi, non vi si scordi, vi priego, far riverenza, in mio nome, all’onorata madonna Pellegrina, dignissima moglie del mio capitan Camillo Caula. Chè io so che mi confessarete mai non esservi stato imposto carico che maggior diletto v’abbia recato di questo. Perché conoscerete una gentildonna tra le rare rarissima, alla quale di tutte le virtú si deve il principato e la corona. Resta che vi conserviate sano e mi raccomandiate agli amici. Di Vinegia».