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130 ii - angoscia doglia e pena


doglia, chi non corrompe una palude piena di puzza e di fetore?

Ma, se gli è il vero che infetta ciascheduno, meravigliatevi non come io non sia morto, ma come giá tanti anni vivo a canto alla mortalissima palude de la mia donna. Pertanto dico che la donna è il serpente egipzio, gli è la fastidiosa mosca, gli è il furioso leone, gli è la forma di pellicano, gli è la ingrata colomba, gli è la vipera insidiosa al suo marito, gli è l’anguilla odiosa finalmente. Perciò credo che pria gli agneli farano preda di lupi, viteli di leoni, li pesci minuti incalciarano i delfini, e la colomba per l’aria pria caciará l’aquila potente, che la donna perda la proprietá e vizio, dil qual dice Socrate essere dotata, nella sua creazione, da la natura.

Son certo che giá ogni spirito gentile rimane almen confuso del falso amore de la sua donna, se pure in tutto non è privo da li begli occhi, dal chiaro viso, da li biondi capelli, da l’ornate e ben composte parole, dal finto riso, da le mani e da le braccia che conquistarebbeno un altro Ercole ed un altro Achille, avendo inteso quanto disse Socrate, con mio maestro raggionando. Nondimeno, se da li sua raggionamenti ancora non è confuso, perciò credo che diventará o tutto piloso overo rimanerá senza pele colui che intenderá da me la qualitá e sorte del regno de la sua donna; perché, quando disse Socrate che la donna ha il regno in compagnia dil serpe, non disse ciò piú de la mia donna che di ciascuna altra donna. Sí che, questo nome «donna» essendo comune a tutte le donne, dico che ciascuna donna ha il regno qui fra noi: perciò, col serpe. Imperò sappiate che, quando Socrate disse «regno», giudicava che avesse detto dianzi alcuna cosa del cielo: cioè che la donna avesse il regno nel cielo, a cui accostandomi potessi essere raccolto come in loco di salvazione. Nondimeno, sturandomi alquanto meglio l’orecchie, udii il sono d’un spirito che rispondeva: — Serpe, regno. — Pertanto, intendendo alquanto meglio tal voce, cominciai considerarla, che felice regno fosse di serpente, che pacifico albergo o che glorioso signoreggiare sia mai di colei che abita nel medesimo loco dove vi sta il serpente. Pertanto, considerando la natura del detto animale, truovo che gli è chiamato dal strasinar che fa