Pagina:Trattati del Cinquecento sulla donna, 1913 – BEIC 1949816.djvu/223

Da Wikisource.

appendice 217


III

1.

Dedica della Doglia.

Allo illustrissimo signor

FABRIZIO COLLONNA

Michelangelo Biondo

prospero successo e satisfatione

Signor mio generoso, gli è l’antica usanza di veri amici e fidel servitori, che, quando se trovano in altrui paese, di scrivere avisando gli cari amici e suo padrone di quelle cose che se dicono e fanno in quelle parti. Perché si dice fra prudenti, generosi e principi non meno essere bella cosa che utile di sapere fatti, natura e costumi di varie nazioni, che vi è di conoscere la proprietá della sua patria. Pertanto aviso la Signoria Vostra, come caro amico, anzi mio padrone, che qui ciascuno attende a trafighi e mercanzie, nè si cura alcuno di aspro verno nè di estate torrida, anzi sempre e tutti si essercitano in fruttuose opere, e sono gente tratabili e benigne, benché qui ancora non mancano invidi e maliziosi. Pertanto, sperando io di ripossare con la mente in queste parti piú che non ripossava stando in Roma, parmi che qui ancora me truovo fra rumori e guerra della mia donna, anzi mia doglia, la qual cresce ed accendesi maggiormente ognora dalle acque nelle quali stamo, che non si accendeva fra le mura di Roma. Pertanto, vedendo la continua proprietá di l’acqua, me è parso di avisare il mio signor, qualmente l’acqua ancora accende il furore della mia donna, sí che, sapendo io non essere noto alla Signoria Vostra quanto è cosa molesta all’amico della virtú di avere a lato una fastidiosa, me è parso di avisare quella, con fastidio e molestia de la mia donna, in che spendo i cari miei giorni, li quali giá altro non son a me che la scura morte. Perciò sappia il mio signor che, mentre ch’io vivo a lato d’una rissosa, ogni momento mi pare di morire, perch’io vivo accompagnato della morte. Pertanto,