Pagina:Trattato di archeologia (Gentile).djvu/336

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274 Arte romana.

lettante, non poteva esser buona pace. Narrasi che, avendo Adriano al greco architetto presentato un suo proprio disegno del tempio di Venere e Roma, questi liberamente lo giudicò, in alcune parti acutamente criticandolo. L’imperatore ebbe facile rivincita contro l’artista, facendolo condannare a morte 1.

Se le arti potessero fiorire per protezione di principi, in nessuna età certamente sarebbesi avuto arte più prospera che nell’età d’Adriano. Egli amatore e cultore dell’arte, egli squisitamente formato allo studio della greca eleganza, egli veramente anima greca in toga romana, salito al dominio nel tempo in cui l’Impero era nella maggiore estensione di confini, nella ricchezza della pace, potè dare alle arti favore ed aiuto; ma non potè ad essa nè ispirare un soffio di vita nuova, nè prolungare oltre il termine d’un breve periodo quel rinvigorimento che avevale infuso; cosicchè con lui abbiamo il massimo, ma insieme l’estremo fiorire dell’arte greco-romana.

4. Il gran tempio di Venere e Roma sotto Adriano detto templum Urbis. — Una delle maggiori opere architettoniche dell’età d’Adriano è il gran tempio di Venere e Roma, dedicato nell’anno 135, e ricordato spesse volte col nome di templum Urbis, eretto tra il Foro romano e l’Anfiteatro Flavio. Era un doppio tempio pseudodiptero, decastilo, cioè un recinto templare chiuso da un porticato di tal larghezza da contenere un doppio ordine di colonne, le quali erano dieci sulla fronte e venti sui lati; la cella, che sorgeva nel mezzo di questo grandioso colonnato, era, a metà della sua lunghezza, distinta in due parti, ciascuna delle quali formava

  1. Ved. Dione Cassio, LXV, 4.