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6 la fanciulla straniera


— Come conosci bene l’italiano! Sarei felice di potermi esprimere così correttamente nella tua lingua!

— Il babbo lo sapeva a perfezione ed esigeva che lo parlassi spesso, per una deferenza verso la mamma mia. Soltanto col mio nome non volle transigere... mi chiamò sempre Hannele.

— Hannele! è carino... ma a me piace molto più l’altro vostro diminutivo Aennchen — disse Decio — anzi, se non ti rincresce, io ti chiamerò così...

— Accetto, grazie! — rispose con trasporto la fanciulla, sentendosi rincorata da quell’affettuosa familiarità.

Poco appresso un cameriere aperse le porte della piccola, elegante sala da pranzo, ed ella provò un senso di piacevole benessere intorno alla tavola adorna con gusto perfetto di nastri verdi e di ramoscelli di medeola, respirando il silvestre olezzo di pino che sfuggiva da un’antica coppa di cristallo colma di acqua aromatizzata e guarnita di fiori.

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Decio de’ Rosas si coricò quella sera con un’immagine fissa nel pensiero. Gli stava sempre dinanzi quella fanciulla così diversa dalle donne che aveva fino allora incontrate e ammirate, anche delle più intellettuali, così inquietante nell’assoluta e pur vereconda sicurezza dei suoi limpidi occhi azzurri; sentiva ancora sulle guancie il contatto tranquillo di quelle labbra fresche e profumate. Impressioni contraddicenti di simpatia impetuosa e di sorda ostilità gli si alternavano nell’animo, suscitandovi una specie di tumulto.

Le sue sorelle erano cresciute sotto una direzione all’apparenza piuttosto rigida e fra abitudini alquanto mondane. Esse frequentavano con lo stesso ardore gli uffizi sacri e tutti quei pubblici ritrovi ove la presenza d’una signorina per bene non può dar luogo a critiche spiacevoli, passando con disinvoltura da una riunione filantropica ad un ballo, dalla chiesa, in cui predica in forma poetica l’oratore in voga, alla cavalcata, alle corse, al teatro, parlando con la stessa importanza d’una funzione religiosa e d’un vestito di Manby, d’una visita di carità e d’una garden-party in qualche sontuosa villa della capitale.

Quel singolare miscuglio di elementi mistici e profani aveva fatto di Malvina e Dorabella de’ Rosas due creature ibride che dominava nondimeno la folle manìa di tutto ciò ch’è moda, lusso, piacere. Corredate da una brillante ma superficiale infarinatura di lingue e di musica, esse non accarezzavano alcun ideale nella