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la fanciulla straniera 7


loro frivola vita, se non quello di divertirsi aspettando fra svariati ammiratori l’uomo che offrisse le più solide garanzie d’una positiva felicità nel matrimonio.

Per l’educazione di suo figlio, donna Ortensia aveva manifestato più larghi e saggi intendimenti. I gravi studî in Italia e all’estero, i viaggi frequenti, la giusta libertà d’azione non potevano a meno d’assecondare lo sviluppo d’una tempra eccezionalmente favorita dalla natura. Decio aveva ereditato dal padre un facile e limpido intelletto, dalla stirpe materna, con la gentilezza latina, una grande distinzione signorile, e quella cortesia, ora molto in disuso, delle forme che impone la nobiltà del contegno, la misura nella parola, la deferenza verso la donna. Ma questa specie di cavalleresco omaggio derivava in lui sovrattutto dal convincimento della inferiorità muliebre che commuove il cuore di molti uomini d’una tenerezza protettrice verso la creatura bella e pur deficente che loro malgrado li affascina.

Aristocratico del pensiero, egli mal consentiva alle idee moderne e fin dalla prima giovinezza si era adoperato ad eliminare dalla casa i ricordi per lui ripugnanti d’ogni attività commerciale. Ciò non toglie che sorvegliasse con acume gli amministratori d’una ricchezza eccezionalmente onesta. Egli caldeggiava d’altronde le istituzioni pie, prestando, oltre il soccorso, l’efficace opera manuale, sportman moderato, era un cultore appassionatissimo del buon gusto, della lettura, delle arti e non menava vanto del suo sapere, integro e fermo nel carattere, virile nell’aspetto e nei propositi rappresentava il tipo del gentiluomo d’una volta con le sue belle qualità antiche e con qualche antico pregiudizio.

Il giovane rimase un po’ sorpreso quando, due giorni dopo, a colazione, Anna gli domandò:

— E tu che cosa fai? non hai un’occupazione fissa?

— S’occupa sempre! — rispose per lui donna Ortensia un po’ piccata — intanto accudisce ai propri interessi, poi fa parte di molte società, anche di beneficenza; non gli mancano che gli anni per esser deputato.

— Capisco. Svaghi da signore. Io sono avvezza a trovarmi in mezzo a della gente che deve guadagnarsi il pane e che sostiene un’aspra lotta per la vita. Perdona, Decio, alla mia indiscreta domanda.

— Ti pare Aennchen!— dice il giovane con la più schietta amabilità. — Il lavoro è una bella cosa sotto qualunque forma.

— È la migliore nobiltà umana. Non ti pare? — esclamò la