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282 la gentilezza dell’animo


di pronunziare poi con altri alla sua partenza le contraddicenti parole: “Dio buono, che noja!” La lieta accoglienza era dunque una finzione dovuta alle esigenze sociali, ma queste finzioni che sì spesso: si ripetono non sono forse corruttrici?... quell’intimo senso di riluttanza che ci rende così gravi i più semplici doveri, non è un difetto di gentilezza d’animo, una mancanza di carità?...

Ora, siccome tutti questi doveri sono inevitabili per chi vive nella società civile e per il regolare andamento di essa, a scanso della penosa e triste ipocrisia che ne deriva, sarebbe util cosa l’educare i fanciulli con un incessante esercizio della ragione e della volontà, avvalorate dall’esempio, a sentire in conformità delle cose che li esortiamo ad esprimere, a convincersi che quasi tutte queste forme, convenzionali nella loro origine, partono da sentimenti di bontà, di compassione, di giusta gratitudine; ad elevarsi dunque a quella gentilezza dell’animo che rende facile e gradito il dovere, insensibile il sacrifizio.

È certo che da sè l’educazione non potrà raggiungere questo scopo se non in parte, mentre laddove la natura ha infuso ella stessa il germe della morale elevatezza, esso con poca cura si sviluppa e mette fiori come una pianta che protende lontano i suoi rami olezzanti.

Per quanto il secolo irrequieto, nelle sue più o meno belle febbri di rinnovamento, abbia allargato la sfera d’azione della donna, le abbia concesso di sviluppare il suo intelletto, esonerandola dal considerare come una necessità indiscutibile il matrimonio di convenzione che tanto l’umilia, (lo hanno scritto tante volte!) il campo in cui le è dato profondere i tesori del suo cuore e della sua mente ed ove non cesserà di risiedere qual sovrana assoluta, sarà sempre quello della casa domestica, ove le incombe la non facile missione di temprare colla dolcezza l’indole un po’ vibrata dell’uomo.

Ed è appunto dalla casa, principio e culla della famiglia e perciò della nazione, la quale diventa tanto più grande quanto nella famiglia regna la civiltà, che si dipartono, come raggi invisibili e benefici, le sottili influenze delle virtù della donna, la cui essenza è la gentilezza dell’animo. Da essa dipende il più delle volte il benessere morale della famiglia, da essa quell’affettuosa dignità di rapporti fra parenti che non deriva forzatamente dal dovere, ma è frutto di delicati istinti.

Talvolta una sola creatura gentile, coi suoi segreti d’indulgenza e d’abnegazione, col suo mite sorriso, sa tenere lontano il triste fantasma della discordia.