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pareva che io stesso dovessi sprofon- darmi.

Tacemmo a lungo. Finalmente io do- mandai:

— Vi sono dei figli?

Egli esitò a rispondere: Tre figli, un maschio e due femmine...

Io sentivo un delirio di baci, sentivo le ineffabili dolcezze della mano materna che accarezzava quei legittimi figli ed eslamai :

— Di me dunque, non si è mai curata?...

— Ella non avrebbe potuto far nulla per te... era contenta di saperti affidato alle mie cure. Due tre volte all'anno le scrivo per mandarle le tue notizie....

Qualche cosa di fiero e di mortalmente triste dev'essere apparso sul mio volto, perchè Gozzoli soggiunse con bontà:

Mariano, non essere troppo ingiusto nel tuo giudizio... tua madre ha trovato un uomo che le porgeva la mano per ria- bilitarsi, per metterla in una posizione decorosa e sicura... è naturale ch'ella af- ferrasse quella mano soccorrevole con trasporto... Ciò che la condanna è il tuo egoismo, non è il tuo istintivo amore...

Vorresti vederla senza sostegno, sola, ab- bandonata?

- Sarei stato io il suo sostegno, avrem- mo vissuto uno per l'altro...

Tu non avresti potuto darle che una posizione falsa, Mariano.. invece tua ma- dre occupa ora un posto ragguardevole in società... è stimata, contenta... E tu vorresti condannarla?

Oh no, me ne guardi il cielo.

E dunque?

-Dunque, per me, mia madre è morta.

Io dissi questo partendo, perchè avevo bisogno di essere solo, nella mia came- retta, e il buon Gozzoli nemmeno tentò di seguirmi. Egli sapeva che le mie in- terne battaglie avevo bisogno di sfogarle nella solitudine.

Ahimè quali e quante grida di ribel- lione eccheggiarono entro quelle quattro pareti! Io giacqui ore ed ore bocconi sul mio letticciuolo in un parossismo di dispe- razione. E mi pareva sempre che giù nel piccolo giardino la ninfa continuasse a cantare le sue flebili note.

Ma quando mi sollevai da quel giaciglio, sbattuto e vinto da una notte d'insonnia sorridente e dolce, nello sfinimento del- l'aspra lotta, io mi sentii dominato da un solo, da un unico ardente desiderio che tutte le altre impressioni vinceva impe- rioso: il desiderio di vederla almeno una volta da lontano.

e di febbre, quando, nella luce incerta del- l'alba, io vidi disegnarsi vaporosamente, nella sua cornice antica, la testina bionda dipinta da mio padre, un volto candido, Gozzoli s'adirò meco, mi fece osser- vare che mi mancavano i mezzi per viag- giare, che, scoperto, avrei potuto essere, per mia madre, la cagione di molte ama- rezze, anzi dell' infelicità stessa, ch' ella non approverebbe certamente, che agivo da fanciullo insensato....

Nulla valse a trattenermi. Accumulan- do sforzi e sacrifizii, misi da parte un gruzzolo di monete, andai a Torino, corsi nella via ov'ella dimorava, chiesi con mille precauzioni di lei....

Era partita per un lungo viaggio.

Un periodo di grande sconforto tenne dietro a quella grave delusione. Mi sen- tivo abbattuto, incapace al lavoro, il mio maestro si lamentava con ragione di me, la mia salute cominciava a soffrirne....

Qualche mese appresso, impietosito e com- mosso, Gozzoli mi pose in mano, non sen- za preamboli, questa lettera, che con reite- rate preghiere (me lo disse poi), era riuscito a farmi scrivere da mia madre:

Caro Mariano, «So che pensi a me e questo mi fa molto piacere. So anche che ameresti di ve- dermi ma, pur troppo, non è possibile.

Di tanto in tanto ci scriveremo. Rivolgi le tue lettere ferme in posta alle iniziali A. A. N. 2000. Io ti risponderò per com- piacerti. Duolmi però di doverti dire che una regolare corrispondenza fra noi non può aver luogo. Addio, ti benedico e ti abbraccio. Ama sempre tua ma- dre....»

A questa lettera cosi stentata e fredda che pur mi riempi di gioia, io risposi con un delirio di effusione, parlandole di tutto il mio passato, delle mie speranze d'Arte, sovrattutto dell' infinito desiderio che a- vevo sempre sentito di lei.

Dopo una lunga, quasi angosciosa aspet- tazione, ella mi riscrisse esortandomi ad essere più tranquillo e più ragionevole, ma in quel tempo la ragione non aveva alcun potere sovra di me, il bisogno di ve- derla si faceva cosi torturante che non ero più capace di tenere il pennello in mano nè di chiudere occhio in tutte le notti. Gozzoli si prese cura nuovamente di avvertirla del mio stato e di pregarla