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130 una famiglia di topi

     Senza svegliarlo gli rosico un dito:
     Solo due cose mi dànno pensiero,
     E n’ho paura: il gatto e lo sparviero.
  Temo pure la trappola; ma il gatto
     È peggio assai, s’un si lascia acchiappare;
     Io non ho i gusti tuoi: non vado matto
     Per zucche, rape e tal vile mangiare.
     S’altre ricchezze l’acqua non aduna,
     Io te le lascio senza invidia alcuna.»
  Rise il ranocchio, e disse: «Ogni tuo vanto
     Sta riposto nel ventre, a quanto sembra.
     Ma noi possiamo tanto in terra, quanto
     In acqua, esercitar l’agili membra:
     Se vuoi provare, aggrappati al mio collo,
     E verso casa mia ti porto in mollo.»
  Così dicendo, gli porgeva il dorso,
     E l’altro vi saltò su lestamente:
     Allegro il topo rimirava in corso
     La riva dilungar yelocemente;
     Ma quando venne in alto, e in torno l’onde
     Vide schiumare mobili e profonde,
  Si diede a singhiozzar come un bambino,
     A tirarsi i capelli e a lamentarsi:
     Se la pigliava or seco, or col destino;
     Tremava tutto e non potea voltarsi: