Senza svegliarlo gli rosico un dito:
Solo due cose mi dànno pensiero,
E n’ho paura: il gatto e lo sparviero.
Temo pure la trappola; ma il gatto
È peggio assai, s’un si lascia acchiappare;
Io non ho i gusti tuoi: non vado matto
Per zucche, rape e tal vile mangiare.
S’altre ricchezze l’acqua non aduna,
Io te le lascio senza invidia alcuna.»
Rise il ranocchio, e disse: «Ogni tuo vanto
Sta riposto nel ventre, a quanto sembra.
Ma noi possiamo tanto in terra, quanto
In acqua, esercitar l’agili membra:
Se vuoi provare, aggrappati al mio collo,
E verso casa mia ti porto in mollo.»
Così dicendo, gli porgeva il dorso,
E l’altro vi saltò su lestamente:
Allegro il topo rimirava in corso
La riva dilungar yelocemente;
Ma quando venne in alto, e in torno l’onde
Vide schiumare mobili e profonde,
Si diede a singhiozzar come un bambino,
A tirarsi i capelli e a lamentarsi:
Se la pigliava or seco, or col destino;
Tremava tutto e non potea voltarsi: