Quivi lo sconsolato Rodipane
Gravato dal dolore, ma non vinto,
Levossi, e disse: «Se fu mio l’affanno,
Comune a tutti, o miei compagni, è il danno.
Ebbi tre figli. Il primo in bocca al gatto
Finì, mentre sbucava dalla tana;
L’altro fu preso in trappola d’un tratto,
E dagli uomini ucciso; ora una rana
M’affoga in uno stagno oscuro e rio
L’ultimo, il cucco di sua madre e mio.
Guerra alle rane! All’armi!» Egli parlava,
E applaudivano i topi. Ognun si mette
A far gambiere con bucce di fava,
E corazze di canne insieme strette
Con una pelle elastica di gatto
Scuoiato un giorno prima del misfatto.
Gli scudi che pigliò l’ardita schiera
Furono cocci di lucerne spente:
E i gusci delle noci elmi e visiere,
Ed aste gli aghi d’acciaio lucente.
Così ferocemente si disserra
L’esercito de’ topi, e muove in guerra.
Giunge quel grido alle rane canore,
Che in assemblea s’adunano sul prato;
E mentre chiedon, piene di terrore,