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capitolo nono. | 171 |
Quando uno si nasconde, vuol dire che si vergogna.
— Dodò mio, se tu sapessi.... — l’interruppe la Lilia.
— Zitta, pettegola! ― gridò il topo savio; e seguitò:
— Mi maraviglio come una sorcetta avvezza a ogni bella maniera, educata all’affetto della famiglia, si permetta di parlar con un topo estraneo alla sua casa e, quel ch’è peggio, di razza diversa.
— Di’ pure, di’ pure inferiore! — mormorò Rosicalegno, con accento umile e rassegnato.
Dodò era buono. Questa modestia lo commosse profondamente, e lo dispose subito in favore del poveraccio, che gli stava davanti.
Era un topo comune; ma bello, grosso, di forme eleganti, col mantello d’un bigio chiaro come la pelle di cincilla, col ventre e le braccia d’un bianco d’ermellino. Gli occhi vivi e neri avevano un’espressione d’intelligenza e