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poteva far altro, ammucchiava pezzetti di pane, sapendo che per questo non era punita.

Bellino poi, diceva la Rita con frase caratteristica, era il servo sciocco della compagnia. Non intendeva nulla, non si curava di nulla: zuccone come ce n’è pochi, stava delle ore e delle giornate intere sur una poltrona che la padroncina gli aveva data vicino al proprio scrittoio, gli occhi chiusi affatto o imbambolati dal sonno. Si destava appena quando la Rita, che l’aveva preso sotto la sua protezione, lo portava a tavola. Lì mangiucchiava qualcosa, massime il dolce, poi risaliva su la spalla di Rita e tornava a dormire.

― È proprio un grullo il tuo Bellino, bimba mia, ― ripeteva sorridendo la contessa Sernici alla figlia.

― Ma è tanto buono, mamma! ― rispondeva la Rita, scusando la sua bestiola, men-