Pagina:Una sfida al Polo.djvu/100

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94 capitolo viii.

capaci di entrare. Sarà una vera fortezza imprendibile pei nemici a quattro gambe. —

Sgombrarono il posto togliendo la piccola stufa portatile e risalirono sull’avantreno portando con loro le armi e le cartucciere ben fornite.

La grande foresta lasciava dei varchi considerevoli, tali da permettere al treno di avanzarsi comodamente, tanto più che il terreno era abbastanza bene livellato.

Si sa già che i pini crescono ad una certa distanza l’uno dall’altro ed in regioni dove i cespugli scarseggiano affatto e mancano assolutamente le liane, i rotangi, i calamus e tutti gli altri arrampicanti che rendono invece quasi impenetrabili le foreste equatoriali e tropicali.

E poi pareva che la grande boscaglia fosse stata già vigorosamente attaccata dalla mano dell’uomo, poichè di quando in quando i viaggiatori incontravano delle vaste radure, dove giacevano ancora moltissimi tronchi già abbattuti e che davano non poca noia a Dik.

— Anche questa immensa riserva di legname, fra un paio d’anni, se non prima, subirà la medesima sorte toccata a quelle che un giorno coprivano le rive dell’Ottawa e del S. Lorenzo, — disse il canadese a Walter, il quale si occupava più delle urla dei lupi che degli alberi.

— Si brucia dunque spaventosamente nel Canadà? — chiese lo studente. — Eppure ci sono delle miniere di carbone anche qui.

— Ma con quello non si fabbrica la carta.

— La carta!... — esclamò Walter, guardandolo con stupore.

— Ma sì: è la peggiore nemica delle foreste e finirà, in un tempo più o meno lungo, per distruggerle completamente.

— Oh diavolo!... Io non lo avrei mai supposto.