Pagina:Una sfida al Polo.djvu/198

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192 capitolo xv.

dianti di entrare, e le pareti così solide da sfidare tutte le unghie riunite di tutti gli orsi bianchi della baia di Hudson.

C’era però il pericolo che quell’assedio si prolungasse per molti giorni, facendo loro perdere un tempo troppo prezioso.

Altri uragani di neve potevano scoppiare e seppellirli anche per delle intere settimane, e la stagione fredda era già abbastanza inoltrata per contare sulle buone giornate molto problematiche e anche troppo brevi in quelle regioni.

I tre esploratori si erano rimessi in osservazione dinanzi ai finestrini, tenendo i fucili a portata di mano, ma pareva che gli orsi bianchi si trovassero troppo bene sotto il carrozzone e che pel momento non avessero nessuna intenzione di forzare la piazza forte.

Walter, che aveva levato il grosso feltro che copriva il tavolato, accostando bene or l’uno ed ora l’altro orecchio, aveva dichiarato che le gigantesche bestie russavano beatamente, come se fossero sicure di fare, presto o tardi, una scorpacciata delle carni dei tre assediati.

A mezzodì nulla di nuovo era avvenuto. Solamente il tempo si era rimesso al cattivo, facendo sparire il sole sotto una nuvolaglia gravida di neve che pareva impaziente di scaricarsi del soverchio peso.

Dik, coricato su una poltrona, non aveva cessato di fumare come una vaporiera; il signor di Montcalm aveva occupato il suo tempo a mettere un po’ in ordine le casse e le cassette che ingombravano il carrozzone; il campione di Cambridge non aveva trovato di meglio che aprire un libro che si occupava della vita degli orsi bianchi. Diavolo!... Prima di affrontarli voleva almeno conoscere bene le loro abitudini e sopratutto accertarsi bene della loro ferocia.

Non si trattava più della corsa delle cento yarde, nè