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le estreme terre boreali | 269 |
— rispose il canadese. — Forse dei grandi ice-bergs sono scesi lungo lo stretto di Lancaster ed esercitano anche loro delle spinte poderosissime per aprirsi il passo e cacciarsi dentro quelle del Reggente.
— E noi giuochiamo la fortuna.
— Certo, Walter, e se la fortuna dovesse abbandonarci, allora potreste dare e per sempre un addio al Polo.
— Non poteva toccare a quel bisonte di Torpon un simile affare?
— Le pressioni non risparmieranno nemmeno lui.
— Potessero inghiottirlo insieme alla sua macchina.
— Siete più feroce di me, Walter.
— Quel bisonte mi è antipatico.
— Saldo, Walter!... —
Il ghiaccio si era gonfiato sotto di loro ed il treno era stato spinto in alto con un rombo spaventevole.
Per un momento i tre esploratori credettero che tutto fosse finito e che s’aprisse qualche immensa spaccatura, invece nulla accadde.
Il pak, dopo d’aver vibrato e dopo d’aver oscillato in tutti i sensi come se fosse diventato una massa liquida, s’abbassò bruscamente riprendendo il primiero livello.
Tre o quattrocento passi più innanzi però una torre di dimensioni enormi si era innalzata per cinquanta o sessanta metri, e dopo d’aver oscillato spaventosamente si era sfasciata, scagliando dei massi del peso di parecchie tonnellate, in tutte le direzioni.
La pressione del ghiaccio si era sfogata, e pel momento più nessun pericolo poteva minacciare i tre audaci esploratori.
— Credevo già di vedermi in fondo al mare, — disse lo studente, il quale era ancora pallidissimo. — Signor Gastone, l’abbiamo scappata bella.