Pagina:Vannicola - De profundis clamavi ad te, 1905.djvu/105

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E balzò un giorno intera la Melodìa, su, dal grande silenzio dell’Agro romano, come da un calice che s’apra, e mi venò in viso tutti i fremiti che agitano l’umanità dall’alba dei tempi, la polvere che inasprisce la sete di tutte le bocche.

Al contatto di quel deserto bruciato dal sole, abbeverato dal sangue dei millennii, terribile per le oscure fatalità che racchiude nell’arsura dei suoi fieni e delle sue gramigne, carico ancora del peso di tutto l’antico orgoglio: – al contatto di quella landa dove i sepolcri delle nazioni stanno da secoli come continue e inesauribili sorgive delle correnti di pensiero e di febbre che traversano e travolgono il mondo, io sentii la mia anima scotersi e accendersi come una sùbita fiamma vertiginosa, e vivere e pulsare con una più impetuosa violenza, come l’idea quando irrompe nella strofa, come il ferro quando si tramuta in acciaio.

Tutte le corde della mia anima furono tese in quel punto fino alla perfezione del suono.

Imagini grandiose e vorticose passarono