Pagina:Vannicola - De profundis clamavi ad te, 1905.djvu/86

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gner traversò un periodo di scoramento e di sfiducia nato in lui sopratutto dall’orrore delle impressioni esteriori.

«.... O Dio! – scrive a Uhlig il 12 Gennaio 1852 – come duro, noioso, stupido mi pare il mondo, da cui io mi vo distaccando a poco a poco! Non mi resta che il rammarico di essermi messo in rapporto con lui. E come questo rammarico è crudele! Io mi rodo e mi roderò finchè per placare la mia fame non avrò lasciato più nulla di me stesso».

Fu in quel periodo di tempo che Wagner accolse con pronta ammirazione la dottrina pessimista di Schopenhauer che, con i suoi anatemi contro la volontà di vivere, gli offriva come una giustificazione metafisica del suo stato d’animo attuale.

Quasi tutte le sue lettere di allora parlano di Schopenhauer in tono di panegirico. Fra queste è ammirevole quella diretta a Liszt in cui, manifestando l’idea del Tristano e Isotta, dice ch’egli vuole, per una volta almeno, pienamente saziarsi di quel perfettissimo amore che non ha mai gustato, e col bruno vessillo