Pagina:Vannicola - De profundis clamavi ad te, 1905.djvu/98

Da Wikisource.

legio sinistro, velenoso allacciamento di un alito che sorte dalla nera notte della carne, pesantezza terribile fatta di mille forze torbide e profonde, ingrossata di mille fertilità impetuose e non mai liberate, assetata di mille libidini soggiacenti e non mai saziate.

– Sei tu ch’io canto, o Venere, o dea della Voluttà! A te la mia lode, a te, sorgente d’ogni bellezza, d’ogni meraviglia. Colui solo conosce l’amore che t’ha serrato con ardore nelle sue braccia.

Così la potente necessità del sesso tiene ormai Tannhäuser nelle sue catene, nuovamente, irreparabilmente.

Un’onda turbolenta e violenta gli gonfia il cuore, e lo travolge, e lo trascina giubilante e lacrimante verso l’Invincibile.

Per un istante.

Dal fondo dell’antro di Venere ei chiamava il dolore. E il dolore viene a lui traverso a Elisabetta, a colei ch’egli ama, a colei ch’egli uccide così senza volerlo, senza saperlo.