Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/141

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che, volendo una volta discostarsi per vedere quello che avea fatto, che mancatogli sotto un piede et andate sotto sopra le trabiccole, cascò d’alto cinque braccia e si pestò in modo, che bisognò trargli sangue e curarlo da dovero altrimenti si sarebbe morto. E, che fu peggio, essendo egli un uomo così fatto e trascurato, se gli sciolsero una notte le fasce del braccio, per lo quale si era tratto sangue, con tanto suo pericolo che, se di ciò non s’accorgeva Stefano che era a dormire seco, era spacciato; e con tutto ciò si ebbe che fare a rinvenirlo, avendo fatto un lago di sangue nel letto e se stesso condotto quasi all’estremo. Il Vasari, dunque, presone particulare cura, come se gli fusse stato fratello, lo fece curare con estrema diligenza e nel vero non bisognava meno, e con tutto ciò non fu prima guarito che fu finita del tutto quell’opera. Per che tornato Cristofano a San Giustino, finì alcuna delle stanze di quell’abate lasciate imperfette, e dopo fece a Città di Castello una tavola, che era stata allogata a Battista suo amicissimo, tutta di sua mano, et un mezzo tondo, che è sopra la porta del fianco di San Fiorido, con tre figure in fresco. Essendo poi, per mezzo di Messer Pietro Aretino, chiamato Giorgio a Vinezia a ordinare e fare per i gentiluomini e signori della Compagnia della Calza l’apparato d’una sontuosissima e molto magnifica festa e la scena d’una commedia, fatta dal detto Messer Pietro Aretino per i detti signori, egli, come quello che non potea da sé solo condurre una tanta opera, mandò per Cristofano e Battista Cungii sopra detti, i quali arrivati finalmente a Vinezia dopo essere stati trasportati dalla fortuna del mare in Schiavonia, trovarono che il Vasari non solo era là innanzi a loro arrivato, ma avea già disegnato ogni cosa, e non ci aveva se non a por mano a dipignere. Avendo dunque i detti signori della Calza presa nel fine di Canareio una casa grande che non era finita, anzi non aveva se non le mura principali et il tetto, nello spazio d’una stanza lunga settanta braccia e larga sedici, fece fare Giorgio due ordini di gradi di legname, alti braccia quattro da terra, sopra i quali avevano a stare le gentildonne a sedere. E le facciate delle bande divise ciascuna in quattro quadri di braccia dieci l’uno, distinti con nicchie di quattro braccia l’una per larghezza, dentro le quali erano figure, le quali nicchie erano in mezzo ciascuna a due termini di rilievo alti braccia nove, di maniera che le nicchie erano per ciascuna banda cinque et i termini dieci, che in tutta la stanza venivano a essere dieci nicchie, venti termini et otto quadri di storie. Nel primo de’ quali quadri a man ritta a canto alla scena, che tutti erano di chiaro scuro, era figurata per Vinezia Adria finta bellissima in mezzo al mare e sedente sopra uno scoglio con un ramo di corallo in mano, et intorno a essa stavano Nettunno, Teti, Proteo, Nereo, Glauco, Palemone et altri dii e ninfe marine, che le presentavano gioie, perle et oro et altre ricchezze del mare. Et oltre ciò vi erano alcuni amori che tiravano saette, et altri che in aria volando spargevano fiori, et il resto del campo del quadro era tutto di bellissime palme; nel secondo quadro era il fiume della Drava e della Sava ignudi con i loro vasi; nel terzo era il Po finto grosso e curpulento con sette figliuoli fatti per i sette rami che di lui uscendo mettono, come fusse ciascuno di loro fiume regio, in mare. Nel [quarto] quadro era la Brenta,