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Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/144

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molto eccellentemente. Similmente aveva disegnato Giorgio servirsi di lui nella sala della Cancelleria, la quale fu dipinta con i cartoni di sua mano e del tutto finita in cento giorni, per lo cardinal Farnese, ma non gli venne fatto, perché amalatosi Cristofano, se ne tornò a San Giustino subito che fu cominciato a migliorare, et il Vasari senza lui finì la sala, aiutato da Raffaello dal Colle, da Gianbatista Bagna Cavallo bolognese, da Roviale e Bizzera spagnuoli, e da molti altri suoi amici e creati. Da Roma tornato Giorgio a Fiorenza e di lì dovendo andare a Rimini, per fare all’abate Gian Matteo Faettani nella chiesa de’ monaci di Monte Oliveto una cappella a fresco et una tavola, passò da San Giustino per menar seco Cristofano, ma l’abate Buffolino, al quale dipigneva una sala, non volle per allora lasciarlo partire, promettendo a Giorgio che presto gliela manderebbe fino in Romagna. Ma non ostanti cotali promesse stette tanto a mandarlo, che quando Cristofano andò trovò esso Vasari non solo aver finito l’opere di quell’abbate, ma aveva anco fatto una tavola all’altar maggiore di San Francesco d’Arimini per Messer Niccolò Marcheselli, et a Ravenna nella chiesa di Classi de’ monaci di Camaldoli un’altra tavola al padre don Romualdo da Verona, abbate di quella badia. Aveva apunto Giorgio l’anno 1550 non molto innanzi fatto in Arezzo nella badia di Santa Fiore de’ monaci Neri, cioè nel refettorio, la storia delle nozze d’Ester, et in Fiorenza nella chiesa di San Lorenzo alla cappella de’ Martelli la tavola di San Gismondo quando, essendo creato papa Giulio Terzo, fu condotto a Roma al servigio di Sua Santità, là dove pensò al sicuro, col mezzo del cardinal Farnese che in quel tempo andò a stare a Fiorenza, di rimettere Cristofano nella patria e tornarlo in grazia del duca Cosimo. Ma non fu possibile, onde bisognò che il povero Cristofano si stesse così infino al 1554, nel qual tempo essendo chiamato il Vasari al servizio del duca Cosimo, se gli porse occasione di liberare Cristofano. Aveva il vescovo de’ Ricasoli, perché sapeva di farne cosa grata a sua eccellenza, messo mano a fare dipignere di chiaro scuro le tre facciate del suo palazzo, che è posto in sulla coscia del ponte alla Carraia, quando Messer Sforza Almeni, coppiere e primo e più favorito cameriere del Duca, si risolvé di voler far anch’egli dipignere di chiaro scuro a concorrenza del vescovo la sua casa della via de’ Servi. Ma non avendo trovato pittori a Firenze secondo il suo capriccio, scrisse a Giorgio Vasari, il quale non era anco venuto a Fiorenza, che pensasse all’invenzione e gli mandasse disegnato quello che gli pareva si dovesse dipignere in detta sua facciata. Per che Giorgio, il quale era suo amicissimo e si conoscevano insino quando ambidue stavano col duca Alessandro, pensato al tutto, secondo le misure della facciata, gli mandò un disegno di bellissima invenzione: il quale a dirittura da capo a piedi con ornamento vario rilegava et abelliva le finestre e riempieva con ricche storie tutti i vani della facciata. Il qual disegno, dico, che conteneva per dirlo brevemente tutta la vita dell’uomo dalla nascita per infino alla morte, mandato dal Vasari a Messer Sforza, gli piacque tanto, e parimente al Duca, che per fare egli avesse la sua perfezzione, si risolverono a non volere che vi si mettesse mano fino a tanto che esso Vasari non fusse venuto a Fiorenza. Il quale Vasari