Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/145

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finalmente venuto e ricevuto da sua eccellenza illustrissima e dal detto Messer Sforza con molte carezze, si cominciò a ragionare di chi potesse essere il caso a condurre la detta facciata. Per che, non lasciando Giorgio fuggire l’occasione, disse a Messer Sforza che niuno era più atto a condurre quell’opera che Cristofano e che né in quella, né parimente nell’opere che si avevano a fare in palazzo, potea fare senza l’aiuto di lui. Laonde, avendo di ciò parlato Messer Sforza al Duca, dopo molte informazioni trovatosi che il peccato di Cristofano non era sì grave come era stato dipinto, fu da sua eccellenza il cattivello finalmente ribenedetto. La qual nuova avendo avuta il Vasari, che era in Arezzo a rivedere la patria e gl’amici, mandò subito uno a posta a Cristofano, che di ciò niente sapeva, a dargli sì fatta nuova. All’avuta della quale fu per allegrezza quasi per venir meno; tutto lieto adunque, confessando niuno avergli mai voluto meglio del Vasari, se n’andò la mattina vegnente da Città di Castello al Borgo, dove, presentate le lettere della sua liberazione al commessario, se n’andò a casa del padre, dove la madre, et il fratello che molto innanzi si era ribandito, stupirono. Passati poi due giorni se n’andò ad Arezzo, dove fu ricevuto da Giorgio con più festa che se fusse stato suo fratello, come quelli che da lui si conoscea tanto amato, che era risoluto voler fare il rimanente della vita con esso lui. D’Arezzo poi venuti ambidue a Firenze, andò Cristofano a baciar le mani al Duca, il quale lo vide volentieri e restò maravigliato, perciò che, dove avea pensato veder qualche gran bravo, vide un omicciatto il migliore del mondo. Similmente essendo molto stato carezzato da Messer Sforza, che gli pose amor grandissimo, mise mano Cristofano alla detta facciata, nella quale, perché non si poteva ancor lavorare in palazzo, gl’aiutò Giorgio, pregato da lui, a fare per le facciate alcuni disegni delle storie, disegnando anco tal volta nell’opera sopra la calcina di quelle figure che vi sono. Ma se bene vi sono molte cose ritocche dal Vasari, tutta la facciata nondimeno e la maggior parte delle figure e tutti gl’ornamenti, festoni et ovati grandi, sono di mano di Cristofano, il quale, nel vero, come si vede, valeva tanto nel maneggiar i colori in fresco che si può dire, e lo confessa il Vasari, che ne sapesse più di lui. E se si fusse Cristofano, quando era giovanetto, essercitato continovamente negli studii dell’arte (perciò che non disegnava mai, se non quando aveva a mettere in opera) et avesse seguitato animosamente le cose dell’arte, non arebbe avuto pari, veggendosi che la pratica, il giudizio e la memoria gli facevano in modo condurre le cose senza altro studio, che egli superava molti che invero ne sapevano più di lui. Né si può credere con quanta pratica e prestezza egli conducesse i suoi lavori, e quando si piantava a lavorare e fusse di che tempo si volesse, sì gli dilettava, che non levava mai capo dal lavoro, onde altri si poteva di lui promettere ogni gran cosa. Era oltre ciò tanto grazioso nel conversare e burlare mentre che lavorava, che il Vasari stava tal volta dalla mattina fino alla sera in sua compagnia lavorando, senza che gli venisse mai a fastidio. Condusse Cristofano questa facciata in pochi mesi, senzaché tal volta stette alcune settimane senza lavorarvi, andando al Borgo a vedere e godere le cose sue. Né voglio che mi paia fatica raccontare gli spartimenti e figure di quest’opera, la quale potrebbe non aver lunghissima vita, per esser all’aria e molto sottoposta ai tempi fortunosi: né era a fatica fornita, che da una