Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/299

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È l’architettura di quest’opera bella veramente, e ben partita et ordinata, e commessa tanto bene, che non si può far meglio; il pavimento ancora, dove in terra è la sepoltura del Bovio, è spartito con bell’ordine, e certi candellieri di marmo et alcune storiette e figurine sono assai bene accomodate, et ogni cosa è ricca d’intaglio; ma le figure, oltre che son piccole per la difficultà che si ha di condurre pezzi grandi di marmo a Bologna, non sono pari all’architettura, né molto da essere lodate. Mentre che fra’ Giovann’Agnolo lavorava in Bologna quest’opera, come quello che in ciò non era anco ben risoluto, andava pensando in che luogo potesse più comodamente di quelli della sua Religione consumare i suoi ultimi anni, quando maestro Zaccheria suo amicissimo, che allora era priore della Nunziata di Firenze, disiderando di tirarlo e fermarlo in quel luogo, parlò di lui col duca Cosimo, riducendogli a memoria la virtù del frate e pregando che volesse servirsene; a che, avendo risposto il Duca benignamente e che si servirebbe del frate tornato che fusse da Bologna, maestro Zaccaria gli scrisse del tutto, mandatogli appresso una lettera del cardinale Giovanni de’ Medici, nella quale il confortava quel signore a tornare a fare nella patria qualche opera segnalata di sua mano. Le quali lettere avendo il frate ricevuto, ricordandosi che Messer Pierfrancesco Ricci, dopo essere vivuto pazzo molti anni era morto, e che similmente il Bandinello era mancato, i quali parea che poco gli fussero stati amici, riscrisse che non mancherebbe di tornare quanto prima potesse a servire sua eccellenza illustrissima, per fare in servigio di quella non cose profane, ma alcun’opera sacra, avendo tutto volto l’animo al servigio di Dio e de’ suoi Santi. Finalmente dunque, essendo tornato a Fiorenza l’anno 1561, se n’andò con maestro Zaccheria a Pisa, dove erano il signor Duca et il Cardinale, per fare a loro illustrissime signorie reverenza. Da’ quali signori essendo stato benignamente ricevuto e carezzato, e dettogli dal Duca che nel suo ritorno a Fiorenza gli sarebbe dato a fare un’opera d’importanza, se ne tornò. Avendo poi ottenuto col mezzo di maestro Zaccheria licenza dai suoi frati della Nunziata di potere ciò fare, fece nel capitolo di quel convento, dove molti anni innanzi aveva fatto il Moisè e San Paulo di stucchi, come s’è detto di sopra, una molto bella sepoltura in mezzo per sé e per tutti gl’uomini dell’arte del disegno, pittori, scultori et architettori che non avessono proprio luogo dove essere sotterrati, con animo di lasciare come fece per contratto che que’ frati, per i beni che lascerebbe loro, fussero obligati dire messa alcuni giorni di festa e feriali in detto capitolo, e che ciascun anno, il giorno della Santissima Trinità, si facesse festa solennissima et il giorno seguente un ufficio di morti per l’anime di coloro che in quel luogo fussero stati sotterrati. Questo suo disegno adunque, avendo esso fra’ Giovann’Agnolo e maestro Zacheria scoperto a Giorgio Vasari, che era loro amicissimo, et insieme avendo discorso sopra le cose della Compagnia del disegno che al tempo di Giotto era stata creata et aveva le sue stanze avute in Santa Maria Nuova di Fiorenza, come ne appare memoria ancor oggi all’altar maggiore dello spedale, dal detto tempo insino a’ nostri, pensarono con questa occasione di raviarla e rimetterla su. E perché