Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/513

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Avendo poi fatto Giovanni Zanchini dirimpetto alla cappella de’ Dini in Santa Croce di Firenze, cioè nella facciata dinanzi entrando in chiesa per la porta del mezzo a man manca, una cappella molto ricca di conci, con sue sepolture di marmo, allogò la tavola al Bronzino, acciò vi facesse dentro un Cristo disceso al Limbo per trarne i Santi Padri. Messovi dunque mano condusse Agnolo quell’opera con tutta quella possibile estrema diligenza che può mettere chi desidera acquistar gloria in simigliante fatica. Onde vi sono ignudi bellissimi, maschi, femine, putti, vecchi e giovani, con diverse fattezze et attitudini d’uomini che vi sono ritratti molto naturali, fra’ quali è Iacopo Puntormo, Giovanbatista Gello, assai famoso accademico fiorentino, et il Bacchiacca dipintore, del quale si è favellato di sopra. E fra le donne vi ritrasse due nobili e veramente bellissime giovani fiorentine, degne per la incredibile bellezza et onestà loro d’eterna lode e di memoria: madonna Gostanza da Somaia, moglie di Giovanbatista Doni, che ancor vive, e madonna Camilla Tedaldi del Corno, oggi passata a miglior vita. Non molto dopo fece in un’altra tavola grande e bellissima la Ressurezzione di Gesù Cristo, che fu posta intorno al coro della chiesa de’ Servi, cioè nella Nunziata, alla cappella di Iacopo e Filippo Guadagni. Et in questo medesimo tempo fece la tavola che in palazzo fu messa nella cappella, onde era stata levata quella che fu mandata a Gran Vela, che certo è pittura bellissima e degna di quel luogo. Fece poi Bronzino al signor Alamanno Salviati una Venere con un satiro appresso, tanto bella che par Venere veramente dea della bellezza. Andato poi a Pisa, dove fu chiamato dal Duca, fece per sua eccellenzia alcuni ritratti, et a Luca Martini suo amicissimo, anzi non pure di lui solo, ma di tutti i virtuosi affezionatissimo veramente, un quadro di Nostra Donna molto bello, nel quale ritrasse detto Luca con una cesta di frutte, per essere stato colui ministro e proveditore per lo detto signor Duca nella diseccazione de’ paduli et altre acque, che tenevano infermo il paese d’intorno a Pisa, e conseguentemente per averlo renduto fertile e copioso di frutti. E non partì di Pisa il Bronzino, che gli fu allogata per mezzo del Martini da Raffaello del Setaiuolo, Operaio del Duomo, la tavola d’una delle cappelle del detto Duomo; nella quale fece Cristo ignudo con la croce et intorno a lui molti Santi, fra i quali è un San Bartolomeo scorticato, che pare una vera notomia et un uomo scorticato da dovero, così è naturale et imitato da una notomia con diligenza; la quale tavola, che è bella in tutte le parti, fu posta da una capella, come ho detto, donde ne levarono un’altra di mano di Benedetto da Pescia, discepolo di Giulio Romano. Ritrasse poi Bronzino al duca Cosimo Morgante nano ignudo tutto intero, et in due modi, cioè da un lato del quadro il dinanzi e dall’altro il di dietro, con quella stravaganza di membra mostruose che ha quel nano, la qual pittura in quel genere è bella e maravigliosa. A ser Carlo Gherardi da Pistoia, che in fin da giovinetto fu amico del Bronzino, fece in più tempi, oltre al ritratto di esso ser Carlo, una bellissima Iudit, che mette la testa di Oloferne in una sporta; nel coperchio che chiude questo quadro a uso di spera, fece una Prudenza che si specchia.