Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/623

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rai, la quale io in mia gioventù non disegnassi: e non solo di pitture, ma anche di sculture et architetture antiche e moderne, et oltre al frutto ch’io feci in disegnando la volta e cappella di Michelagnolo, non restò cosa di Raffaello, Pulidoro e Baldassarre da Siena, che similmente io non disegnassi in compagnia di Francesco Salviati, come già s’è detto nella sua vita. Et acciò che avesse ciascuno di noi i disegni d’ogni cosa, non disegnava il giorno l’uno quello che l’altro, ma cose diverse; di notte poi ritraevamo le carte l’uno dell’altro, per avanzar tempo e fare più studio, per non dir nulla che le più volte non mangiavamo la mattina se non così ritti, e poche cose. Dopo la quale incredibile fatica, la prima opera che m’uscisse di mano, come di mia propria fucina, fu un quadro grande di figure quanto il vivo d’una Venere con le Grazie, che la adornavano e facevan bella, la quale mi fece fare il cardinale de’ Medici; del qual quadro non accade parlare, perché fu cosa da giovanetto, né io lo toccherei, se non che mi è grato ricordarmi ancor di que’ primi principii e molti giovamenti nel principio dell’arti. Basta che quel signore et altri mi diedero a credere che fusse un non so che di buon principio e di vivace e pronta fierezza. E perché fra l’altre cose vi avea fatto per mio capriccio un satiro libidinoso, il quale, standosi nascosto fra certe frasche, si rallegrava e godeva in guardare le Grazie e Venere ignude, ciò piacque di maniera al cardinale, che, fattomi tutto di nuovo rivestire, diede ordine che facessi in un quadro maggiore pur a olio la battaglia de’ satiri intorno a’ fauni, silvani e putti, che quasi facessero una baccanalia; per che, messovi mano,