Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/64

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moglie e figliuoli, di non andar più attorno, e vivendo d’entrate e degl’uffizii, che in quella città godono i cittadini di quella si stava senza molto lavorare. Non molto dopo queste cose, cercò che gli fussero allogate due tavole, che s’avevano a fare in Arezzo, una nella chiesa e compagnia di S. Rocco, e l’altra all’altare maggiore di S. Domenico, ma non gli riuscì; perciò che l’una e l’altra fu fatta fare a Giorgio Vasari, essendo il suo disegno, fra molti che ne furono fatti, più di tutti gli altri piaciuto. Fece Giovann’Antonio per la Compagnia dell’Ascensione di quella città, in un golfalone da portare a processione, Cristo che risuscita, con molti soldati intorno al sepolcro, et il suo ascendere in cielo, con la Nostra Donna in mezzo a’ dodici Apostoli, il che fu fatto molto bene e con diligenza. Nel castello della Pieve fece, in una tavola a olio, la visitazione di Nostra Donna et alcuni Santi attorno, et in una tavola, che fu fatta per la pieve a S. Stefano, la Nostra Donna et altri Santi. Le quali due opere condusse il Lappoli molto meglio che l’altre che aveva fatto infino allora, per avere veduti, con suo commodo, molti rilievi e gessi di cose formate dalle statue di Michelagnolo e da altre cose antiche, stati condotti da Giorgio Vasari nelle sue case d’Arezzo. Fece il medesimo alcuni quadri di Nostre Donne che sono per Arezzo et in altri luoghi, et una Iudit che mette la testa d’Oloferne in una sporta tenuta da una sua servente, la quale ha oggi monsignor Messer Bernardetto Minerbetti vescovo d’Arezzo, il quale amò assai Giovan Antonio, come fa tutti gl’altri virtuosi, e da lui ebbe, oltre all’altre cose, un S. Giovanbatista giovinetto nel deserto, quasi tutto ignudo, che è da lui tenuto caro perché è bonissima figura. Finalmente, conoscendo Giovan Antonio che la perfezzione di quest’arte non consisteva in altro che in cercar di farsi a buon’ora ricco d’invenzione e studiare assai gli ignudi e ridurre le difficultà del far in facilità, si pentiva di non avere speso il tempo, che aveva dato a’ suoi piaceri, negli studii dell’arte e che non bene si fa in vecchiezza quello che in giovanezza si potea fare. E come che sempre conoscesse il suo errore, non però lo conobbe interamente, se non quando essendosi già vecchio messo a studiare, vidde condurre in quarantadue giorni una tavola a olio, lunga quattordici braccia et alta sei e mezzo, da Giorgio Vasari, che la fece per lo reffettorio de’ monaci della Badia di S. Fiore in Arezzo, dove sono dipinte le nozze d’Ester e del re Assuero, nella quale opera sono più di sessanta figure maggiori del vivo. Andando dunque alcuna volta Giovann’Antonio a vedere lavorare Giorgio e standosi a ragionar seco, diceva: "Or conosco io che ’l continuo studio e lavorare è quello che fa uscir gli uomini di stento, e che l’arte nostra non viene per Spirito Santo". Non lavorò molto Giovan Antonio a fresco, perciò che i colori gli facevono troppa mutazione, nondimeno si vede di sua mano, sopra la chiesa di Murello, una Pietà con due Angioletti nudi assai bene lavorati. Finalmente essendo stato uomo di buon giudizio et assai pratico nelle cose del mondo, d’anni sessanta, l’anno 1552, amalando di febre acutissima si morì. Fu suo creato Bartolomeo Torri, nato di assai nobile famiglia in Arezzo, il quale condottosi a Roma, sotto don Giulio Clovio miniatore eccellentissimo, veramente attese di maniera al disegno et allo studio degl’ignudi, ma più alla notomia, che si era fatto valente e