Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/67

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prima occasione e tolse a dipignere in fresco una cappella in S. Agostino di quella città, a canto alla porta a man manca entrando in chiesa. Nella quale cappella, che gli fu allogata da un Scamarra maestro di fornaci, fece una Nostra Donna in aria con un popolo sotto e San Donato e San Francesco ginocchioni, e la miglior cosa che egli facesse in quest’opera fu un S. Rocco nella testata della cappella. Quest’opera, piacendo molto a Domenico Ricciardi aretino, il quale aveva nella chiesa della Madonna delle Lacrime una cappella, diede la tavola di quella a dipignere a Niccolò, il quale messo mano all’opera vi dipinse dentro la Natività di Gesù Cristo con molto studio e diligenza. E se bene penò assai a finirla, la condusse tanto bene, che ne merita scusa, anzi lode infinita, perciò che è opera bellissima. Né si può credere con quanti avertimenti ogni minima cosa conducesse, et un casamento rovinato, vicino alla capanna dove è Cristo fanciullino e la Vergine, è molto bene tirato in prospettiva; nel San Giuseppo et in alcuni pastori sono molte teste di naturale, cioè Stagio Sassoli pittore et amico di Niccolò, e Papino dalla Pieve suo discepolo, il quale averebbe fatto a sé et alla patria, se non fusse morto assai giovane, onor grandissimo. E tre Angeli che cantano in aria sono tanto ben fatti, che soli basterebbono a mostrare la virtù e pacienza che infino all’ultimo ebbe Niccolò intorno a quest’opera, la quale non ebbe sì tosto finita, che fu ricerco dagl’uomini della Compagnia di Santa Maria della Neve del Monte Sansovino di far loro una tavola per la detta Compagnia, nella quale fusse la storia della neve che, fiocando a Santa Maria Maggiore di Roma a’ cinque dì d’agosto, fu cagione dell’edificazione di quel tempio. Niccolò dunque condusse a’ sopra detti la detta tavola con molta diligenza, e dopo fece a Marciano un lavoro in fresco assai lodato. L’anno poi 1524 avendo nella terra di Prato Messer Baldo Magini fatto condurre di marmo da Antonio, fratello di Giuliano da Sangallo, nella Madonna delle Carcere un tabernacolo di due colonne con suo architrave, cornice e quarto tondo, pensò Antonio di far sì che Messer Baldo facesse fare la tavola, che andava dentro a questo tabernacolo, a Niccolò, col quale aveva preso amicizia quando lavorò al Monte San Sovino nel palazzo del già detto cardinal di Monte. Messolo dunque per le mani a Messer Baldo, egli, ancor che avesse in animo di farla dipignere ad Andrea del Sarto, come si è detto in altro luogo, si risolvette, a preghiera e per il consiglio d’Antonio, di allogarla a Niccolò, il quale, messovi mano, con ogni suo potere si sforzò di fare una bell’opera, ma non gli venne fatta perché dalla diligenza in poi non vi si conosce bontà di disegno, né altra cosa, che molto lodevole sia; perché quella sua maniera dura lo conduceva, con le fatiche di que’ suoi modelli di terra e di cera, a una fine quasi sempre faticosa e dispiacevole. Né poteva quell’uomo, quanto alle fatiche dell’arte, far più di quello che faceva, né con più amore. E perché conosceva che niuno ..., mai si potè per molti anni persuadere che altri gli passasse innanzi d’eccellenza. In quest’opera adunque è un Dio Padre che manda sopra quella Madonna la corona della virginità et umiltà per mano d’alcuni Angeli che le sono intorno, alcuni de’ quali suonano diversi stromenti. In questa tavola ritrasse Niccolò di naturale Messer Baldo ginocchioni a piè d’un Santo Ubaldo vescovo, e dall’altra banda fece San Giuseppo; e queste