Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/77

Da Wikisource.

quanto più presto acciò finita la sagrestia tutti potessero, mediante l’acquisto fatto sotto la disciplina di tant’uomo, finir similmente la facciata di San Lorenzo. E perché a ciò fare punto non si tardasse, rimandò il Papa Michelagnolo a Firenze, e con esso lui fra’ Giovanni Agnolo de’ Servi, il quale aveva lavorato alcune cose in Belvedere, acciò gl’aiutasse a traforar i marmi e facesse alcune statue, secondo che gl’ordinasse esso Michelagnolo, il quale diede a far un San Cosimo che insieme con un San Damiano allogato al Montelupo doveva metter in mezzo la Madonna. Date a far queste, volle Michelagnolo che il Tribolo facesse due statue nude, che avevano a metter in mezzo quella del duca Giuliano che già aveva fatta egli, l’una figurata per la Terra coronata di cipresso che dolente et a capo chino piangesse con le braccia aperte la perdita del duca Giuliano, e l’altra per lo Cielo, che con le braccia elevate tutto ridente e festoso mostrasse esser allegro dell’ornamento e splendore che gli recava l’anima e lo spirito di quel signore. Ma la cattiva sorte del Tribolo se gl’attraversò quando appunto voleva cominciar a lavorare la statua della Terra, perché, o fusse la mutazione dell’aria, o la sua debole complessione, o l’aver disordinato nella vita, s’ammalò di maniera che, convertitasi l’infermità in quartana, se la tenne adosso molti mesi con incredibile dispiacer di sé, che non era men tormentato dal dolor d’aver tralasciato il lavoro e dal vedere che il frate e Raffaello avevano preso campo, che dal male stesso; il quale male volendo egli vincer per non rimaner dietro agl’emuli suoi, de’ quali sentiva far ogni giorno più celebre il nome, così indisposto fece di terra il modello grande della statua della Terra, e finitolo, cominciò a lavorare il marmo con tanta diligenza e sollecitudine, che già si vedeva scoperta tutta la banda dinanzi la statua, quando la fortuna, che a’ bei principii sempre volentieri contrasta, con la morte di Clemente, allora che meno si temeva, troncò l’animo a tanti eccellenti uomini che speravano sotto Michelagnolo con utilità grandissime acquistarsi nome immortale e perpetua fama. Per questo accidente, stordito il Tribolo e tutto perduto d’animo essendo anche malato, stava di malissima voglia non vedendo né in Firenze né fuori poter dare in cosa che per lui fosse; ma Giorgio Vasari, che fu sempre suo amico e l’amò di cuor et aiutò quanto gli fu possibile, lo confortò con dirgli che non si smarisse, perché farebbe in modo che il duca Alessandro gli darebbe che fare, mediante il favore del Magnifico Ottaviano de’ Medici, col quale gli aveva fatto pigliar assai stretta servitù; onde egli ripreso un poco d’animo, ritrasse di terra nella sagrestia di San Lorenzo, mentre s’andava pensando al bisogno suo, tutte le figure che aveva fatto Michelagnolo di marmo, cioè l’Aurora, il Crepuscolo, il Giorno e la Notte, e gli riusciron così ben fatte, che monsignor Giovan Batista Figiovanni priore di San Lorenzo, al quale donò la Notte perché gli faceva aprir la sagrestia, giudicandola cosa rara, la donò al duca Alessandro, che poi la diede al detto Giorgio, che stava con sua eccellenza, sapendo che egli attendeva a cotali studi; la qual figura è oggi in Arezzo nelle sue case, con altre cose dell’arte. Avendo poi il Tribolo ritratto di terra parimente la Nostra Donna fatta da Michelagnolo per la medesima sagrestia, la donò al detto Magnifico Ottaviano de’ Medici, il quale le fece fare da Batista del Cinque un ornamento bellissimo