Pagina:Vasari - Le vite de' piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 3-2, 1568.djvu/85

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quadro, le quali gettono per bocca acqua nella tazza grande, insieme con i putti, per far la pioggia, che cade come si è detto nel primo ricetto, che ha le sponde a otto facce. Seguita più alto un altro fuso adorno con altri ornamenti e con certi putti di mezzo rilievo, che risaltando fanno un largo in cima tondo, che serve per basa della figura d’un Ercole che fa scoppiare Anteo, la quale secondo il segno del Tribolo è poi stata fatta da altri, come si dirà a suo luogo. Dalla bocca del quale Anteo, in cambio dello spirito, disegnò che dovesse uscire, et esce, per una canna acqua in gran copia, la quale acqua è quella del condotto grande della Pretaia, che vien gagliarda e saglie dal piano, dove sono le scale, braccia sedici, e ricascando nella tazza maggiore fa un vedere maraviglioso. In questo acquidotto medesimo vengono adunque non solo le dette acque della Pretaia, ma ancor quelle che vanno al vivaio et alla grotta, e queste, unite con quelle della Castellina, vanno alle fonti della Falterona e di Monte Asinaio e quindi a quelle d’Arno e Mugnone come si è detto e di poi, riunite alla fonte del laberinto, vanno al mezzo della fonte grande, dove sono i putti con l’oche. Di qui poi arebbono a ire, secondo il disegno del Tribolo, per due condotti ciascuno da per sé ne’ pili delle logge et alle tavole e poi ciascuna al suo orto segreto. Il primo de’ quali orti, verso ponente, è tutto pieno d’erbe straordinarie e medicinali, onde al sommo di quest’acqua, nel detto giardino di semplici, nel nicchio della fontana dietro a un pilo di marmo, arebbe a essere una statua d’Esculapio. Fu dunque la sopra detta fonte maggiore tutta finita di marmo dal Tribolo e ridotta a quella estrema perfezzione, che si può in opera di questa sorte disiderare migliore. Onde credo che si possa dire con verità ch’ella sia la più bella fonte e la più ricca, proporzionata e vaga che sia stata fatta mai. Perciò che nelle figure, nei vasi, nelle tazze et insomma per tutto, si vede usata diligenza et industria straordinaria. Poi il Tribolo, fatto il modello della detta statua d’Esculapio, cominciò a lavorare il marmo, ma impedito da altre cose lasciò imperfetta quella figura, che poi fu finita da Antonio di Gino, scultore e suo discepolo. Dalla banda di verso levante, in un pratello fuor del giardino, acconciò il Tribolo una quercia molto artifiziosamente, perciò che, oltre che è in modo coperta di sopra e d’intorno d’ellera intrecciata fra i rami, che pare un foltissimo boschetto, vi si saglie con una commoda scala di legno similmente coperta, in cima della quale nel mezzo della quercia è una stanza quadra con sederi intorno e con appoggiatoi di spalliere tutte di verzura viva, e nel mezzo una tavoletta di marmo, con un vaso di mischio nel mezzo. Nel quale, per una canna viene e schizza a l’aria molta acqua e per un’altra la caduta si parte, le quali canne vengono su per lo piede della quercia in modo coperte dall’ellera, che non si veggiono punto. E l’acqua si dà e toglie quando altri vuole col volgere di certe chiavi, né si può dire a pieno per quante vie si volge la detta acqua della quercia, con diversi instrumenti di rame per bagnare chi altri vuole, oltre che, con i medesimi instrumenti, se le fa fare diversi rumori e zuffolamenti. Finalmente tutte queste acque, dopo aver servito a tante e diverse fonti et ufficii, ragunate insieme se ne vanno ai due vivai, che sono fuor del palazzo al principio del viale, e quindi ad altri bisogni della villa. Né lascerò di dire qual fusse l’animo del Tribolo