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80 PROEMIO

ingrossati nelle goffezze del moderno uso di quell’età, nella quale non si usavano altre Sculture, ne pitture, che quelle, lequali un residuo di vecchi artefici di Grecia facevano, ò in imagini di terra, et di pietra, o dipignendo figure mostruose, et coprendo solo i primi lineamenti di colore. Questi artefici, come migliori, essendo soli in queste professioni, furono condotti in Italia; dove portarono insieme col musaico la Scultura, et la Pittura in quel modo, che la sapevano. Et cosi le insegnarono agl’Italiani goffe, et rozzamente. Iquali Italiani poi se ne servirono, come si è detto, et come si dira insino a un certo tempo.

     Et gl’huomini di que’ tempi, non essendo usati a veder altra bontà, ne maggior perfezzione nelle cose; di quella, che essi vedevano, si maravigliavano; e quelle, ancora che baronesche fossero, non dimeno per le migliori apprendevano, pur gli spirti di coloro, che nascevano, aitati in qualche luogo dalla sottilità dell’aria si purgarono tanto, che nel mccl. il cielo à pietà mossosi de i belli ingegni, che ’l terren’ Toscano produceva ogni giorno, gli ridusse alla forma primiera. Et se bene gli innanzi à loro havevano veduto residui d’archi, o di colossi, o di statue, o pili, o colonne storiate, nell’età che furono dopo i sacchi, et le ruine, et gl’incendi di Roma; e’ non seppono mai valersene, o cavarne profitto alcuno, sino al tempo detto di sopra, gl’ingegni, che vennero poi, conoscendo assai bene il buono dal cattivo, e abbandonando le maniere vecchie, ritornarono ad imitare le antiche, con tutta l’industria, et ingegno loro. Ma perche piu agevolmente s’intenda, quello che io chiami vecchio, et antico, Antiche furono le cose innanzi à Costantino, di Corintho, d’Athene, et di Roma, et d’altre famosissime città, fatte fine à sotto Nerone, à i Vespasiani, Traiano, Adriano, et Antonino; percioche l’altre si chiamano vechie, che da San Salvestro in quà furono poste in opera da un certo residuo de’ Greci, i quali piu tosto tignere, che dipignere sapevano. Perche essendo in quelle guerre morti gl’eccellenti primi artefici, come si è detto, al rimanente di que’ Greci vecchi, et non antichi altro non era rimaso, che le prime linee in un campo di colore; come di ciò fanno fede hoggidi infiniti musaici, che per tutta Italia lavorati da essi greci si veggono per ogni vecchia chiesa di qual si voglia città d’Italia, et massimamente nel duomo di Pisa, in San Marco di Vinegia, et ancora in altri luoghi, et cosi molte pitture, continovando fecero di quella maniera con occhi spiritati, et mani aperte in punta di piedi, come si vede ancora in San Miniato fuor di Fiorenza fra la porta, che va in Sagrestia, et quella che va in convento, et in Santo Spirito di detta città tutta la banda del chiostro verso la chiesa, et similmente in Arezzo in San Giuliano, et in San Bartolomeo, et in altre chiese, et in Roma in San Pietro nel vecchio storie intorno intorno fra le finestre, cose che hanno piu del mostro nel lineamento, che effigie di quel che si sia. Di Scultura ne fecero similmente infinite, come si vede ancora sopra la porta di San Michele à Piazza Padella di Fiorenza di basso rilievo, et in Ogni Santi, et per molti luoghi sepulture, et ornamenti di porte per chiese, dove hanno per mensole certe figure per regger il tetto, cosi goffe, et si ree, et tanto malfatte, di grossezza, et di maniera, che par’impossibile, che imaginare peggio si potesse. Sino a quì mi è parso discorrere, dal principio della Scultura, et della Pittura; et per avventura piu