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FILIPPO BRUN. 317

fu così chiamato da Lippo suo avolo, e non de’ Lapi come si doveva, la qual cosa si vede nel detto priorista che fu usata in infiniti altri, come ben sa chi l’ha veduto o sa l’uso di que’ tempi. Esercitò Filippo quell’uffizio e così altri magistrati ch’ebbe nella nostra città, ne’ quali con un giudizio gravissimo sempre si governò. Restava a Filippo, vedendo già cominciare a chiudere le due volte verso l’occhio dove aveva a cominciare la lanterna (se bene egli aveva fatto a Roma et in Fiorenza più modelli di terra e di legno, dell’uno e dell’altro, che non s’erono veduti) a risolversi finalmente quale e’ volesse mettere in opera. Per il che, deliberatosi a terminare il ballatoio, ne fece diversi disegni, che nell’opera rimasono dopo la morte sua; i quali dalla trascuratagine di que’ ministri sono oggi smarriti. Et a’ tempi nostri, perchè si finisse, si fece un pezzo dell’una dell’otto facce: ma perchè disuniva da quell’ordine, per consiglio di Michelagnolo Bonarroti, fu dismesso e non seguitato. Fece anco di sua mano Filippo un modello della lanterna, a otto facce, misurato alla proporzione della cupola, che nel vero, per invenzione e varietà et ornato, riuscì molto bello; vi fece la scala da salire alla palla, che era cosa divina, ma perchè aveva turato Filippo, con un poco di legno commesso, di sotto dove s’entra, nessuno, se non egli, sapeva la salita. Et ancora che e’ fusse lodato et avesse già abbattuto l’invidia e l’arroganza di molti, non potè però tenere, nella veduta di questo modello, che tutti i maestri che erano in Fiorenza non si mettessero a farne in diversi modi; e fino a una donna di casa Gaddi ardì concorrere in giudizio con quello che aveva fatto Filippo. Egli nientedimeno tuttavia si rideva della altrui prosunzione, e fugli detto da molti amici suoi che e’ non dovesse mostrare il modello suo a nessuno artefice, acciò che eglino da quello non imparassero. Et esso rispondeva loro che non era se non un solo il vero modello, e gli altri erano vani. Alcuni altri maestri avevano nel loro modello posto delle parti di quel di Filippo, ai quali, nel vederlo, Filippo diceva: "Questo altro modello che costui farà, sarà il mio proprio". Era da tutti infinitamente lodato, ma solo non ci vedendo la salita per ire alla palla, apponevano che fusse difettoso. Conclusero nondimeno gl’Operai di fargli allogazione di detta opera con patto però che mostrasse loro la salita; per il che Filippo, levato nel modello quel poco di legno che era da basso, mostrò in un pilastro la salita che al presente si vede in forma di una cerbotana vota; e da una banda un canale con staffe di bronzo, dove l’un piede e poi l’altro ponendo, s’ascende in alto. E perchè non ebbe tempo di vita, per la vecchiezza, di potere tal lanterna veder finita, lasciò per testamento che tal come stava il modello murata fusse, e come aveva posto in iscritto; altrimenti protestava che la fabbrica ruinerebbe essendo volta in quarto acuto, che aveva bisogno che il peso la caricasse, per farla più forte. Il quale edifizio non potè egli innanzi la morte sua vedere finito, ma sì bene tiratone su parecchie braccia. Fece bene lavorare e condurre quasi tutti i marmi che vi andavano, de’ quali, nel vederli condotti, i popoli stupivano che fusse possibile che egli volesse che tanto peso andasse sopra quella volta. Et era opinione di molti ingegnosi che ella non fusse per reggere, e pareva loro una gran ventura che egli l’avesse condotta in sin quivi, e che egli era un tentare Dio a caricarla sì forte. Filippo sempre se ne rise, e preparate tutte le machine e tutti