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FILIPPO BRUN. 319

per lui fu fortificato il ponte a mare, et egli similmente diede il disegno alla cittadella nuova del chiudere il ponte con le due torri. Fece similmente il modello della fortezza del porto di Pesero. E ritornato a Milano, disegnò molte cose per il Duca e per il Duomo di detta città a’ maestri di quello. Era in questo tempo principiata la chiesa di S. Lorenzo di Fiorenza per ordine de’ popolani, i quali avevano il priore fatto capo maestro di quella fabbrica, persona che faceva professione d’intendersi e si andava dilettando dell’architettura per passatempo. E già avevano cominciata la fabbrica di pilastri di mattoni, quando Giovanni di Bicci de’ Medici, il quale aveva promesso a’ popolani et al priore di far fare a sue spese la sagrestia et una cappella, diede desinare una mattina a Filippo, e doppo molti ragionamenti, li dimandò del principio di S. Lorenzo e quel che gli pareva. Fu costretto Filippo da’ prieghi di Giovanni a dire il parer suo; e per dirli il vero lo biasimò in molte cose, come ordinato da persona che aveva forse più lettere che sperienza di fabbriche di quella sorte. Laonde Giovanni dimandò a Filippo se si poteva far cosa migliore, e di più bellezza; a cui Filippo disse: "Senza dubbio, e mi maraviglio di voi, che essendo capo non diate bando a parecchi migliaia di scudi, e facciate un corpo di chiesa con le parti convenienti et al luogo et a tanti nobili sepoltuarii, che vedendovi cominciare, seguiteranno le lor cappelle, con tutto quel che potranno; e massimamente che altro ricordo di noi non resta, salvo le muraglie che rendono testimonio di chi n’è stato autore, centinaia e migliaia d’anni". Inanimito Giovanni dalle parole di Filippo, deliberò fare la sagrestia e la cappella maggiore, insieme con tutto il corpo della chiesa, se bene non volsono concorrere altri che sette casati, appunto perchè gli altri non avevano il modo. E furono questi: Rondinelli, Ginori, dalla Stufa, Neroni, Ciai, Marignolli, Martelli e Marco di Luca; e queste cappelle si avevono a fare nella croce. La sagrestia fu la prima cosa a tirarsi inanzi e la chiesa poi di mano in mano. E per la lunghezza della chiesa, si venne a concedere poi di mano in mano le altre cappelle a’ cittadini pur popolani. Non fu finita di coprire la sagrestia, che Giovanni de’ Medici passò a l’altra vita, e rimase Cosimo suo figliuolo. Il quale avendo maggior animo che il padre, dilettandosi delle memorie, fece seguitar questa la quale fu la prima cosa che egli facesse murare, e gli recò tanta delettazione, che egli, da quivi inanzi, sempre fino alla morte fece murare. Sollecitava Cosimo questa opera con più caldezza, e mentre si imbastiva una cosa, faceva finire l’altra. Et avendo preso per ispasso questa opera, ci stava quasi del continuo. E causò la sua sollecitudine, che Filippo fornì la sagrestia, e Donato fece gli stucchi, e così a quelle porticciuole l’ornamento di pietra e le porte di bronzo. E fece far la sepoltura di Giovanni suo padre, sotto una gran tavola di marmo retta da quattro balaustri in mezzo della sagrestia, dove si parano i preti: e per quelli di casa sua nel medesimo luogo fece separata la sepoltura delle femmine da quella de’ maschi. Et in una delle due stanzette, che mettono in mezzo l’altare della detta sagrestia, fece in un canto un pozzo et il luogo per un lavamani. Et insomma in questa fabbrica si vede ogni cosa fatta con molto giudizio. Avevano Giovanni e quegli altri ordinato fare il coro nel mezzo, sotto la tribuna: Cosimo lo rimutò col voler di Filippo, che fece tanto