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336 SECONDA PARTE

del buono, disse loro: "Io non posso compiacervi, parenti miei, perchè io voglio, e così mi pare ragionevole, lasciarlo al contadino che l’ha sempre lavorato e vi ha durato fatica; e non a voi, che senza avergli mai fatto utile nessuno, nè altro che pensar d’averlo, vorreste con questa vostra visita che io ve lo lasciassi; andate, che siate benedetti". E in verità così fatti parenti, che non hanno amore se non quanto è l’utile o la speranza di quello, si deono in questa guisa trattare. Fatto dunque venire il notaio, lasciò il detto podere al lavoratore che sempre l’aveva lavorato, e che forse nelle bisogne sue si era meglio, che que’ parenti fatto non avevano, verso di sè portato. Le cose dell’arte lasciò ai suoi discepoli, i quali furono: Bertoldo scultore fiorentino, che l’imitò assai, come si può vedere in una battaglia in bronzo d’uomini a cavallo, molto bella, la quale è oggi in guardaroba del signor duca Cosimo, Nanni d’Anton di Banco, che morì inanzi a lui, il Rossellino, Disiderio e Vellano da Padoa. Et insomma dopo la morte di lui si può dire che suo discepolo sia stato chiunche ha voluto far bene di rilievo. Nel disegnar fu risoluto, e fece i suoi disegni con sì fatta pratica e fierezza, che non hanno pari, come si può vedere nel nostro libro, dove ho di sua mano disegnate figure vestite e nude, animali, che fanno stupire chi gli vede et altre così fatte cose bellissime. Il ritratto suo fu fatto da Paulo Ucelli, come si è detto nella sua vita. Gl’epitaffii son questi:

Sculptura H. M. a Florentinis fieri voluit Donatello, utpote homini, qui ei, quod jam diu optimis artificibus multisque saeculis, tum nobilitatis tum nominis acquisitum fuerat, iniuriave tempor. perdiderat ipsa, ipse unus una vita infinitisque operibus cumulatiss. restituerit, et patriae benemerenti huius restitutae virtutis palmam reportarit.

Excudit nemo spirantia mollius aera: vera cano: cernes marmora viva loqui. Graecorum sileat prisca admirabilis aetas compendibus statuas continuisse Rhodon. Nectere namque magis fuerant haec vincula digna istius egregias artificis statuas.

Quanto con dotta mano alla scultura già fecer molti, or sol Donato ha fatto: renduto ha vita a’ marmi, affetto et atto: che più, se non parlar, può dar natura?

Delle opere di costui restò così pieno il mondo, che bene si può affermare con verità nessuno artefice aver mai lavorato più di lui. Imperò che, dilettandosi d’ogni cosa, a tutte le cose mise le mani, senza guardare che elle fossero o vili o di pregio. E fu nientedimanco necessarissimo alla scultura il tanto operare di Donato in qualunque spezie di figure tonde, mezze, basse e bassissime; per che sì come ne’ tempi buoni degli antichi Greci e Romani, i molti la fecero venir perfetta, così egli solo con la moltitudine delle opere, la fece ritornare perfetta e maravigliosa nel secol nostro. Laonde gli artefici debbono riconoscere la grandezza della arte, più