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MICHELLOZZO MICHEL 345

molto bene accommodato. Lasciò Piero che fusse fatto un lampanaio intorno alla cappella, di trenta lampade d’argento, e così fu fatto; ma perchè furono guaste per l’assedio, il signor Duca già molti anni sono diede ordine che si rifacessero, e già n’è fatta la maggior parte e tuttavia si va seguitando; ma non perciò si è restato mai, secondo che lasciò Piero, di avervi tutto quel numero di lampade accese, se bene non sono state d’argento da che furono distrutte in poi. A questi ornamenti aggiunse Pagno un grandissimo giglio di rame, che esce d’un vaso, il quale posa in sull’angolo della cornice di legno dipinta e messa d’oro, che tiene le lampade; ma non però regge questa cornice sola così gran peso, perciò che il tutto vien sostenuto da’ due rami del giglio che sono di ferro e dipinti di verde, i quali sono impiombati nell’angolo della cornice di marmo, tenendo gl’altri, che sono di rame, sospesi in aria. La qual opera fu fatta veramente con giudizio et invenzione, onde è degna di essere, come bella e capricciosa, molto lodata. A canto a questa capella ne fece un’altra verso il chiostro, la quale serve per coro ai frati, con finestre che pigliano il lume dal cortile e lo dànno non solo alla detta capella, ma ancora, ribattendo dirimpetto in due finestre simili, alla stanza de l’organetto, che è a canto alla capella di marmo. Nella faccia del qual coro è un armario grande, nel quale si serbano l’argenterie della Nunziata; et in tutti questi ornamenti e per tutto, è l’arme e l’impresa de’ Medici. Fuor della capella della Nunziata e dirimpetto a quella, fece il medesimo un luminario grande di bronzo alto braccia cinque, et all’entrar di chiesa la pila dell’acqua benedetta, di marmo, e nel mezzo un San Giovanni, che è cosa bellissima. Fece anco sopra il banco, dove i frati vendono le candele, una mezza Nostra Donna di marmo di mezzo rilievo, col Figliuolo in braccio e grande quanto il naturale, molto divota. Et un’altra simile nell’Opera di Santa Maria del Fiore, dove stanno gl’Operai. Lavorò anco Pagno a San Miniato al Todesco alcune figure in compagnia di Donato suo maestro, essendo giovane; et in Lucca nella chiesa di S. Martino fece una sepoltura di marmo, dirimpetto alla capella del Sagramento, per Messer Piero Nocera che v’è ritratto di naturale. Scrive nel vigesimoquinto libro della sua opera il Filareto, che Francesco Sforza, duca quarto di Milano, donò al Magnifico Cosimo de’ Medici un bellissimo palazzo in Milano e che egli per mostrare a quel Duca quanto gli fusse grato sì fatto dono, non solo l’adornò riccamente di marmi e di legnami intagliati, ma lo fece maggiore, con ordine di Michelozzo, che non era, braccia ottantasette e mezzo; dove prima era braccia 84 solamente. Et oltre ciò vi fece dipignere molte cose; e particolarmente in una loggia, le storie della vita di Traiano imperatore, nelle quali fece fare in alcuni ornamenti il ritratto d’esso Francesco Sforza, la signora Bianca sua consorte e duchessa, et i figliuoli loro parimente, con molti altri signori e grandi uomini. E similmente il ritratto d’otto imperatori, a’ quali ritratti aggiunse Michelozzo quello di Cosimo, fatto di sua mano. E per tutte le stanze accomodò in diversi modi l’arme di Cosimo, e la sua impresa del falcone e diamante. E le dette pitture furono tutte di mano di Vincenzio di Zoppa pittore in quel tempo, et in quel paese di non piccola stima.