Pagina:Vasari - Le vite de’ piu eccellenti pittori, scultori, et architettori, 1-2, 1568.djvu/579

Da Wikisource.

ANDREA MANT. 489

non meno cavare il buono delle cose vive e naturali, che di quelle fatte dall’arte. Ma con tutto ciò ebbe sempre opinione Andrea che le buone statue antiche fussino più perfette et avessino più belle parti, che non mostra il naturale. Atteso che quelli eccellenti maestri, secondo che e’ giudicava e gli pareva vedere in quelle statue, aveano da molte persone vive cavato tutta la perfezione della natura, la quale di rado in un corpo solo accozza et accompagna insieme tutta la bellezza, onde è necessario pigliarne da uno una parte, e da un altro un’altra; et oltre a questo gli parevano le statue più terminate e più tocche in su’ muscoli, vene, nervi et altre particelle, le quali il naturale, coprendo con la tenerezza e morbidezza della carne certe crudezze, mostra talvolta meno, se già non fusse un qualche corpo d’un vecchio o di molto estenuato; i quali corpi però, sono per altri rispetti dagl’artefici fuggiti. E si conosce di questa openione essersi molto compiaciuto nell’opere sue, nelle quali si vede in vero la maniera un pochetto tagliente e che tira talvolta più alla pietra che alla carne viva. Comunque sia, in questa ultima storia, la quale piacque infinitamente, ritrasse Andrea lo Squarcione in una figuraccia corpacciuta con una lancia e con una spada in mano. Vi ritrasse similmente Noferi di Messer Palla Strozzi fiorentino, Messer Girolamo dalla Valle, medico eccellentissimo, Messer Bonifazio Fuzimeliga, dottor di leggi, Niccolò orefice di papa Innocenzio VIII e Baldassarre da Leccio, suoi amicissimi; i quali tutti fece vestiti d’arme bianche brunite e splendide come le vere sono, e certo con bella maniera. Vi ritrasse anco Messer Bonramino cavaliere, et un certo vescovo d’Ungheria, uomo sciocco affatto, il quale andava tutto giorno per Roma vagabondo, e poi la notte si riduceva a dormire, come le bestie, per le stalle. Vi ritrasse anco Marsilio Pazzo, nella persona del carnefice che taglia la testa a S. Iacopo, e similmente se stesso. Insomma questa opera gl’acquistò, per la bontà sua, nome grandissimo. Dipinse anco, mentre faceva questa cappella, una tavola che fu posta in S. Iustina all’altar di S. Luca. E dopo lavorò a fresco l’arco che è sopra la porta di S. Antonino dove scrisse il nome suo. Fece in Verona una tavola per l’altare di S. Cristofano e di S. Antonio, et al canto della piazza della Paglia fece alcune figure. In S. Maria in Organo, ai frati di Monte Oliveto, fece la tavola dell’altar maggiore, che è bellissima, e similmente quella di S. Zeno. E fra l’altre cose, stando in Verona, lavorò e mandò in diversi luoghi e n’ebbe uno abbate della Badia di Fiesole, suo amico e parente, un quadro nel quale è una Nostra Donna dal mezzo in su, col Figliuolo in collo et alcune teste d’Angeli che cantano, fatti con grazia mirabile. Il qual quadro è oggi nella libreria di quel luogo e fu tenuta allora e sempre poi come cosa rara. E perchè aveva, mentre dimorò in Mantoa, fatto gran servitù con Lodovico Gonzaga marchese, - quel signore che sempre stimò assai e favorì la virtù d’Andrea, - gli fece dipignere nel castello di Mantoa, per la cappella, una tavoletta nella quale sono storie di figure non molto grandi, ma bellissime. Nel medesimo luogo sono molte figure che scortano al di sotto in sù, grandemente lodate, perchè se bene ebbe il modo del panneggiare crudetto e sottile, e la maniera alquanto secca, vi si vede nondimeno ogni cosa fatta con molto artifizio e diligenzia. Al medesimo marchese dipinse nel palazzo di S. Sebastiano in Mantoa in una sala il trionfo di Cesare, che